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Percorrendo la SS36 alcuni km dopo Sondrio incontriamo la localitā Casacce
di Ponte in Valtellina, ove svoltiamo per dirigerci verso la catena
orobica. Traversata l'Adda si giunge alla frazione Sazzo, da qui cominciano
a prendere quota per mezzo di una strada che sale immersa nel bosco.
Seguendo le segnalazioni incontriamo l'abitato di Arigna (m.814) dove
lasciamo la strada precedente per imboccare una mulattiera molto stretta
che si addentra nella misteriosa valle. Ad un certo punto una strada
scende a valle staccandosi sulla sinistra, noi la ignoriamo cosė come
ignoriamo un cartello che proprio nella nostra direzione sembra segnalare
il divieto assoluto di accesso. Con l'auto possiamo fermarci poco dopo,
appena oltre un ponte sotto il quale scorre il torrente Armisa. Intraprendendiamo
allora la nostra escursione sempre per la strada percorsa sin qui oppure
entrando nel bosco e percorrendo il sentiero che si snoda in direzione
Sud.
Per chi viaggiasse a bordo di un fuoristrada vi č la possibilitā di
proseguire per guadagnare altri metri di quota, evitate invece di avventurarvi
con normali autovetture. Nell'uno o nell'altro caso il nostro punto
di riferimento č la centrale di Armisa, o meglio alcune centinaia di
metri prima. Salendo per la sterrata incontriamo in sequenza alcune
localitā che le cartine riportano come Cā Pizzini e Pattini.
Il sentiero che dovremo seguire č una mulattiera che si stacca sulla
sinistra proprio nel momento in cui la sterrata comincia a scendere
verso la centrale, che intravediamo in basso a destra. Per non sbagliare
possiamo ricordarci di tenere come punto di riferimento una croce (vedi
foto sotto) davanti alla quale vi sono delle indicazioni alpinistiche,
tra cui il bivacco.
Viene a questo punto il dovere di fare una critica a chiunque abbia
posto questo cartello, forse troppi anni or sono per essere ritenuto
valido tuttora. Mi riferisco al fatto che qualcuno nel tentativo di
cambiare il verso di una freccia, che probabilmente segnalava verso
il basso l'itinerario per il bivacco, ha creato non pochi dubbi all'ignaro
escursionista. Oggi l'unico itinerario da seguire č quello che percorre
la parte alta della valle, ma in passato vi era la possibilitā di effettuare
un sentiero che si manteneva in basso alla vallata come testimoniano
le segnalazioni che abbiamo incontrato nel tentativo di percorrerlo.
Esso per lungo tratto costeggia il fiume e poi incontra il sentiero
attuale. Purtroppo questo, in stato di degrado, č diventato un sentiero
fantasma che si perde tra gli arbusti, cancellato completamente dal
corso degli inverni. Ci dispiace perchč lo riteniamo interessante quanto
quello che ora andiamo a descrivere.
Attraverso la mulattiera che vediamo nella foto risaliamo per una decina
di minuti sino ad incontrare l'alpeggio Baite Michelini, dove sono ancora
visibili in estate i ritmi montanari del passato. Qui č anche possibile
deviare verso il rifugio Pesciola. Noi proseguiamo invece in direzione
della testata della vallata, seguendo a mezzacosta il sentiero che prima
di portarsi al centro della vallata supera alcuni torrenti che discendono
da sinistra. Essi possono rivelarsi pių ardui del previsto in giornate
che seguono forti piogge. Ad un certo punto il nostro sentiero (colori
rosso-blu che indicano che stiamo percorrendo l'alta Via delle Orobie,
Sentiero Bruno Credaro) incontra la deviazione che conduce al bivacco
Corti (segnali rosso-giallo); la ignoriamo e proseguiamo verso la testata
della valle. Il bivacco diventa visibile, appoggiato ad un grosso macigno
quasi a ripararsi dalla retrostante mole del Dente di Coca; ci rimane
solo da superare il tormentato vallone alluvionale dello Scimur.
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