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Problematiche

Cartografia

 

 

 

Consigli per gli escursionisti

   

...non costano nulla ma valgono molto!

Lo spirito
Il corpo
I tempi
Il tempo
L'equipaggiamento
L'orientamento
Infortuni ed incidenti

 


Lo spirito

Con che spirito andare in montagna? Ciascuno, ovviamente, ci va con il suo. Spesso con lo spirito di conquista, per esibire, nel racconto, nella documentazione fotografica e nel ricordo, il trofeo della meta, vetta o rifugio che sia. È indubbio che raggiungere una meta è un’esperienza emotiva di rara intensità. Mi sembra però altrettanto vero che ogni tratto del percorso riserva emozioni non meno preziose, anche se di minore intensità. Il percorso, dunque, non vale meno della meta, perché ovunque all’occhio la montagna regala qualche prezioso ed arcano scenario.


Il corpo

Le escursioni vanno affrontate in condizioni fisiche adeguate, scegliendo percorsi che siano al di sotto delle proprie possibilità ed evitando accuratamente di strafare. Una stagione escursionistica deve prevedere percorsi gradualmente sempre più impegnativi. L’escursionismo non è necessariamente una faccenda da atleti, ed offre una gamma tanto svariata di possibilità da permettere a ciascuno di ritagliarsi percorsi su misura. Non è però neppure una passeggiata, per cui se si è perso l’allenamento da tempo, è meglio riacquistarlo con un po’ di pratica sportiva, prima di incamminarsi. Bisogna conoscere bene eventuali problemi fisici, soprattutto di natura cardio-circolatoria e respiratoria, e, nel dubbio, chiedere consiglio ad un medico prima di arrischiarsi in escursioni, anche giudicate modeste. Si ricordi che a quote anche non titleissime la riduzione della concentrazione dell’ossigeno può causare problemi anche seri. Non si dovrebbe mai tornare distrutti da un’escursione. Stanchi, certo, ma non spossati. L’escursione non è una forma di espiazione, né una sorta di impresa di cui vantarsi in qualche discussione fra amici: deve costituire invece un’esperienza di benessere.


I tempi

Le indicazioni sui tempi di percorrenza dipendono da molteplici fattori, primo fra tutti le condizioni fisiche e l’allenamento del o degli escursionisti. In linea di massima si può indicare questa regola, per chi cammina con un buon passo su sentieri o strade carrozzabili: nell’ipotesi di un cammino continuo e senza soste, nella prima ora di marcia ci si alza di 400-500 metri, nella seconda di 400, nella terza di 300-400. Se però si sale a vista in un bosco con vegetazione irregolare, oppure si debbono superare passaggi ostici, o ancora si cammina su neve, i tempi aumentano, anche considerevolmente. La neve, in particolare, rende la salita molto più faticosa, soprattutto se non si è muniti di racchette. Per la discesa si calcolino tempi dell’ordine del 50-60% rispetto a quelli di salita (nel caso di una discesa spedita, anche se non a rotta di collo; una discesa tranquilla può comportare anche il 70-80% dei tempi di una salita di buona lena). Mi permetto di osservare che un’escursione cronometro alla mano rovina molte delle possibilità di gustare scenari ed atmosfere che rendono il contatto con la montagna un’esperienza che si imprime indelebilmente nella memoria di chi la compie. Se poi si è in molti, e con passo diverso, mi sembra come minimo doveroso adeguare il proprio passo a quello di chi fa più fatica. Diverse persone vorrebbero effettuare escursioni, ma temono di guastare la giornata ad escursionisti più esperti ed allenati, rallentandone fastidiosamente la marcia. Chi ama veramente la montagna non ha però difficoltà ad adeguare il proprio passo a quello titlerui, né arde per la smania di voler a tutti i costi raggiungere una meta memorabile. In montagna il cammino non vale meno della meta.


Il tempo

Le condizioni meteorologiche sono uno dei fattori più importanti da tenere in considerazione quando si programma un’escursione. È quindi di importanza decisiva conoscere le previsioni relative alla zona dell’escursione, consultando gli appositi bollettini meteo, senza fidarsi troppo dell’occhio e dell’impressione che il cielo può suscitare ad una certa ora della giornata. Le insidie legate al tempo, infatti, non sono da sottovalutare. Non si tratta solo del rischio di tornare a casa fradici, o di vedersi rovinato il panorama da foschia e nuvolaglia. In estate i temporali costituiscono un rischio serio, perché in montagna, soprattutto in certe condizioni ambientali, il rischio di venir colpiti da fulmini, con esito assai spesso mortale, aumenta di molto. Se dunque sono previsti temporali è meglio non assumersi alcun rischio e differire l’escursione. Se poi si viene sorpresi dal temporale, alcuni accorgimenti possono risultare decisivi per evitare spiacevoli incontri ravvicinati con i fulmini. Bisogna tener presente che questi prediligono oggetti a punta ed elevati, quindi alberi (soprattutto se isolati o molto titlei) o spuntoni di roccia. Di conseguenza sarà bene evitare di sostare in prossimità di oggetti del genere, o di trovarsi ad essere l’oggetto più alto della zona. Se capita questo e si avvertono i segnali dell’imminenza del fulmine (capelli che si rizzano, metalli che crepitano), bisogna assumere una posizione ad uovo, con la testa rannicchiata fra le ginocchia. Bisogna anche ricordare che gli oggetti metallici che si hanno con sé, soprattutto se a punta o d’oro, costituiscono un ulteriore fattore di pericolo. È bene quindi non portare con sé alcun oggetto del genere che non sia strettamente necessario. Si ricordi poi che l’acqua è ottima conduttrice di elettricità, per cui non si deve sostare su un terreno inzuppato dalla pioggia. Non è neppure consigliabile cercare riparo in baite semidiroccate o comunque non isolate dall’esterno. Se si riesce a raggiungere l’automobile, ci si può rifugiare al suo interno, dove si è al sicuro (almeno dai fulmini). Il cattivo tempo presenta però anche altri elementi di pericolosità. La visibilità, innanzitutto, può ridursi improvvisamente e drasticamente, rendendo problematico l’orientamento. La pioggia, poi, rende molto più insidioso il terreno, aumentando di molto il rischio di scivolare non soltanto sui sentieri (il che sarebbe già un problema, se questi sono esposti), ma anche sui passaggi su roccia. In questo caso anche un percorso attrezzato può diventare molto insidioso. I torrenti, in caso di temporale violento, possono ingrossarsi improvvisamente, rendendo problematico l’attraversamento o addirittura minacciando di travolgere gli incauti che si trovassero a sostare presso le loro sponde. Le piene improvvise di un torrente sono imprevedibili anche perché legate talora al cedimento di dighe che il materiale trascinato può formare a monte. Precipitazioni consistenti e violente, infine, possono determinare frane e smottamenti, anche sul tracciato dei sentieri. Il rischio di essere colpiti da sassi, sempre presente in montagna, aumenta in questi casi di molto. D’inverno il rischio dei temporali non sussiste. Tuttavia è importante informarsi sulle condizioni del manto nevoso, per evitare il rischio di slavine o valanghe, e tenendo presente che il massimo rischio si ha quando la temperatura si innalza dopo abbondanti nevicate, prima che il manto nevoso abbia modo di assestarsi. In ogni caso si ricordi che canaloni e valloni sono le zone più pericolose, perché lì buona parte della neve trascinata dalla slavina finisce per incanalarsi. È bene informarsi anche sull’andamento del vento. Incappare in una tormenta, con venti forti, sferzanti e gelidi, è un’esperienza veramente spiacevole ed anche seriamente rischiosa per chi non sia adeguatamente attrezzato per difendersi dal freddo. Quando dunque le previsioni preannunciano una giornata serena ma con forti venti bisogna mettere nel conto che la salita ad titlee quote espone a questo rischio. Il fattore freddo non va mai sottovalutato. In una situazione di notevole stanchezza fisica l’esposizione al freddo diventa una complicazione rilevante. Al freddo intenso è legato anche il ghiaccio, insidiosa trappola nelle escursioni invernali. Le colate di ghiaccio costituiscono spesso un ostacolo insormontabile anche su sentieri normalmente molto tranquilli. Se non si è attrezzati adeguatamente (cioè con piccozza e ramponi), non ci si deve azzardare a metter piede sul ghiaccio.


L'equipaggiamento

Cosa portare quando si va in montagna? Tutto quello che serve o anche solo potrebbe servire. Uno zaino sovraccarico ostacola inutilmente la marcia, ma, nel dubbio, è meglio portare qualcosa che non servirà piuttosto che rischiare di ritrovarsi senza un equipaggiamento necessario in frangenti problematici.
Cominciamo dall’abbigliamento. Evidentemente questo dipende dalla stagione e dalla natura dei luoghi. Qualche consiglio:
- evitare di scoprirsi troppo, soprattutto ad alta quota, dove i danni alla pelle arrecati dai raggi ultravioletti sono maggiori;
- ricordarsi che le gambe scoperte aumentano il rischio di conseguenze spiacevoli nel caso in cui si fosse morsi da vipere agli arti inferiori;
- riparare la testa dal sole, con opportuni copricapo;
- difendere la vista dai raggi del sole, soprattutto quando si cammina su nevai o ghiacciai, con opportuni occhiali;
- ricordarsi che le scarpe sono forse il capo di abbigliamento più importante, per cui debbono essere scelte con cura a seconda della natura del percorso, e soprattutto non devono ferire il piede per l’eccessiva rigidità (se sono nuove, è meglio provarle prima di intraprendere lunghe escursioni);
- ricordarsi che in montagna si possono trovare temperature piuttosto basse anche a stagione avanzata, e che, quando soffia, il vento è assai rigido, per cui non deve mai mancare nello zaino un capo che difenda dal freddo (i pile sono ottimi);
- portare, soprattutto se si suda molto, il cambio, almeno degli indumenti superiori;
- portare comunque almeno un cambio di calze, perché ritrovarsi con i piedi bagnati non è evenienza rara;
- non deve mancare neppure un paio di guanti, preziosi quando ci si trova a dover effettuare qualche fuori percorso, soprattutto nei boschi;
- farà ridere, ma una reticella che difenda il viso dalle mosche in qualche luogo risulta preziosa; del resto, per quel che pesa, val la pena di aggiungerla all’equipaggiamento;
- i pantaloni debbono essere molto comodi;
- una fascia che protegga tempie ed orecchie dal vento può risultare assai utile;
- è bene tenere nello zaino un paio di pantaloni ed una mantella impermeabili.

Che altro mettere nello zaino?
- una torcia elettrica diventa decisiva quando si deve camminare al buio o segnalare la propria presenza ad eventuali soccorritori; si ricordi che il ritorno, anche su sentieri molto facili, diventa assai difficile al calar delle tenebre, perché in un bosco, senza torcia, non si vede proprio nulla;
- garze, bende e disinfettante non debbono mancare;
- per chi vuol percorrere sentieri attrezzati imbragatura e cordino sono assolutamente consigliabili;
- il telefonino, quando prende, è una gran bella cosa; si ricordi, comunque, di lasciar sempre detto dove si va, mettendo magari per iscritto l’itinerario che si intende effettuare;
- qualche nastrino colorato potrebbe servire come segnale in caso di passaggi problematici, soprattutto nei boschi;
- carta, titleimetro e bussola sono ausili preziosi per l’orientamento;
- qualche fazzoletto di carta potrebbe pur sempre servire; in questo caso, però, evitare di lasciare tracce, soprattutto in prossimità del sentiero;

Si beve e si mangia, in montagna? Ovviamente sì. Qualche consiglio:
- le bevande pesano, ma non bisogna risparmiare sul peso tagliandole, come non bisogna tenersi la sete credendo all’ingannevole luogo comune che bere tagli le gambe quando si sale; bisogna bere tutto il necessario, non appena si ha sete, anche perché in montagna si perdono molti liquidi e ciò determina un affaticamento del cuore; sono consigliabili almeno 1 o 2 litri di bevande leggere (la semplice acqua è sempre ottima, magari con l’aggiunta di un po’ di spremuta d’arancia); non abusare degli integratori, utili per reintegrare sali minerali persi, ma qualche volta difficili da assimilare quando lo stomaco è molto affaticato; evitare gli alcolici, anche perché l’alcool, nel medio periodo, favorisce non il riscaldamento, ma la dispersione del calore; evitare di bere a ruscelli e torrenti, perché l’acqua potrebbe essere inquinata da pascoli o animali a monte;
- quanto al cibo, ognuno ha le sue predilezioni, ma bisogna ricordare che in condizioni di affaticamento lo stomaco rigetta cibi troppo complessi; sono quindi ottimi alimenti semplici ed energetici, come la cioccolata, qualche frutto o anche qualche zolletta di glucosio; da evitare invece il più possibile i cibi salati o peggio ancora piccanti, perché inducono ulteriore sete;
- sono infine tassativamente ad evitare le tracce delle proprie soste alimentari!


L'orientamento

L’orientamento è uno degli aspetti più affascinanti legati all’escursione. Studiare il percorso carta alla mano, oppure rifarlo, seduti comodamente a casa e consultando le carte è un’esperienza sicuramente molto piacevole.
Per non guastare questo aspetto ludico dell’escursione con spiacevoli e talvolta penosi fuori-programma (leggi: mi sono perso), bisogna poter contare su alcuni fattori decisivi.
La carta, innanzitutto, possibilmente in scala 1:25.000. Una buona esperienza nella lettura delle carte permette di preparare adeguatamente l’escursione a tavolino, soprattutto quando si devono battere sentieri poco frequentati e non segnalati. Si tenga però presente che mentre le mulattiere (indicate con il tratto-punto-tratto) indicate dalle carte sono quasi sempre in buone condizioni, i sentieri (indicati con una sequenza di piccoli tratti) possono essere molto deteriorati, al limite dell’impraticabilità, o, il che è quasi peggio, titleernare tratti in cui la traccia è ben visibile a tratti in cui questa scompare o si fa molto debole. È questa la condizione peggiore, perché in tal caso l’escursionista, non volendo vanificare l’escursione, tenta con insistenza di proseguire, cercando ovunque tracce che finiscono in luoghi scoscesi o presso dirupi. Se gli va bene (o meglio, se è stato cauto) riesce poi a tornare sui suoi passi. Se gli va male, si mette a girare a vuoto. Ma di questo dirò più oltre. La carta, dunque, è un prezioso alleato, non un sacro testo. La sua consultazione, infine, diventa più chiara e proficua se si possiedono un titleimetro (ricordarsi di tararlo sempre in luoghi di cui si conosce l’titleitudine!) ed una bussola.
Un altro alleato ancora più prezioso sono le informazioni di chi conosce i luoghi. Ci sono itinerari sui quali è del tutto consigliabile avventurarsi solo se accompagnati da persone che li conoscono. Non si terrà mai abbastanza presente che in certe zone perdere il sentiero significa girare a vuoto senza riuscire a scendere a valle (perché la discesa a vista termina sempre sopra dirupi pericolosissimi, per cui bisogna proprio scendere per quel sentiero o sentierino che si è percorso salendo). Non ci si può fare un’idea adeguata di questo se non lo si prova. Ma è meglio non provarlo. E se non si conosce chi conosce i luoghi? Beh, alla partenza si può sempre confidare nella cortesia di chi abita sul luogo: costui chi darà molto volentieri informazioni che potranno rivelarsi preziosissime (del tipo: stia attento, però, che quando arriva a quella baita o a quel prato deve piegare a destra, ignorando una traccia a sinistra…).
Terzo alleato sono le segnalazioni sul terreno, i segnavia, così cari all’occhio che li cerca e li trova magari quando meno se li aspetta. Oggi la meritoria opera di segnalazione dei sentieri si moltiplica, anche con l’ausilio di puntuali cartelli. Quando si praticano sentieri difficili ma segnalati, si presti molta attenzione a non saltare alcun segnavia: perderne anche uno solo potrebbe significare portarsi fuori del tracciato. Se poi la foschia dovesse ridurre di molto la visibilità, questi segnali diventano ancora più essenziali, perché la scarsa visibilità può disorientare anche chi è molto pratico dei luoghi.
Quarto alleato è la nostra prudenza, congiunta ad un buono spirito di osservazione. Se stiamo dunque salendo nel bosco o nella boscaglia su un sentiero poco battuto e per noi nuovo, dobbiamo fare molta attenzione a:
- osservare bene la natura dei luoghi, memorizzando punti di riferimento preziosi, soprattutto quando il sentiero cambia direzione o si fa poco evidente; la memorizzazione degli scenari deve avvenire guardando al sentiero già percorso;
- lasciare qualche segno sul percorso, se possibile ometti costruiti con qualche sasso sovrapposto, soprattutto in corrispondenza di svolte del sentiero, ed in luoghi visibili anche da una certa distanza; fettucce e nastri colorati appesi ai rami degli alberi funzionano altrettanto bene;
- consultare spesso la carta, con l’ausilio di un titleimetro, per ricevere conferme della correttezza del percorso dall’incontro con baite segnalate dalle carte;
- tener presente che alcune tracce di sentiero possono essere ingannevoli perché create dal ripetuto passaggio di animali;
- memorizzare anche alcuni punti di riferimento costituiti da profili montuoso e scorci che appaiono in certi punti del sentiero;
- ricordare che i punti più critici sono costituiti dal passaggio dal bosco o dalla boscaglia all’aperto, anche solo per l’attraversamento di un prato; in questo caso bisogna assicurarsi di poter ritrovare la traccia scendendo, perché nei prati questa spesso si perde.
Chi frequenta sentieri poco battuti sa, inoltre, per esperienza che qualche volta anche il punto di partenza dei sentieri è difficile da trovare: qualche volta un po’ di vegetazione lo nasconde, per cui si può perdere anche molto tempo prima di trovarlo. Qualcosa di simile può accadere anche lungo il percorso: qualche tratto può essere invaso dalla vegetazione, per cui della traccia sembra perdersi ogni indizio, finché ricompare anche solo qualche metro più a monte o a valle. Ma se non si sa dove, si perde, di nuovo, diverso tempo. Assai insidiosi sono poi i tratti che si dipanano nella bassa vegetazione (ontani e ginestre), perché spesso bisogna proprio scostare le piante per scorgere la traccia.
E se ci si perde? Non bisogna cedere alla tentazione di scendere a tutti i costi, soprattutto in versanti montuoso insidiosi e dirupati; è preferibile ricercare, con calma e meticolosità, la traccia. Se si sono seguite le avvertenze sopra esposte, la si ritroverà. Se la ricerca è inutile e se il telefonino ha campo, non si esiti a chiedere aiuto, senza aspettare che il calare delle tenebre renda più problematica la ricerca. Se si è in più di uno, ci si divida nella ricerca, rimanendo però sempre a portata di voce.


Infortuni ed incidenti

Non mi propongo di passare qui in rassegna esaustivamente tutti i possibili incidenti ed infortuni legati alla frequentazione della montagna. Darò solo qualche indicazione di massima.
Quanto alle situazioni ed ai luoghi intrinsecamente pericolosi, bisogna ricordare che:
- i sentieri sono in linea di massima sicuri, ma talora esposti; nei tratti esposti si deve prestare quindi molta attenzione, soprattutto in presenza di neve; tali passaggi vanno poi evitati se c’è ghiaccio;
- i sentieri attrezzati richiedono imbragatura e cordino, per assicurarsi alle corde fisse;
- quando si cammina su un terreno reso scivoloso da terriccio e sassi mobili bisogna prestare attenzione non solo a non scivolare, ma anche a non far cadere sassi su coloro che si trovano più a valle; se dovesse partire un sasso, anche se non si vede nessuno più a valle, si deve gridare per avvertire del pericolo;
- quando si attraversano gande o corpi franosi bisogna sondare con attenzione ogni sasso, prima di appoggiarsi ad esso con il peso del corpo, perché questo potrebbe rivelarsi instabile e provocare rovinose cadute, quando non addirittura franarci addosso; in questi frangenti non ci si affidi troppo all’impressione visiva di stabilità;
- quando si sale nel bosco o si arrampica non ci si fidi troppo di rami o tronchi, che potrebbero spezzarsi proprio quando ci si sospende ad essi l’intero peso del proprio corpo, oppure quando si è in condizioni di equilibrio precarie;
- assai insidiosa è quell’erba liscia che si trova spesso al di sopra del 1500 metri: se da un lato è assai resistente e quindi garantisce prese abbastanza sicure, dall’altro è molto scivolosa, per cui in pendii ripidi si rischiano lunghe e pericolosissime scivolate;
- la neve va sempre affrontata con cautela, soprattutto quando ricopre gande e massi, celando pericolose buche;
- le buche seminascoste si trovano anche su terreni in cui la vegetazione ricopre irregolarmente corpi franosi: si deve dunque procedere con prudenza, per evitare serie distorsioni;
- la discesa di per sé non è pericolosa, ma lo diventa se affrontata in condizioni di notevole stanchezza e distrazione; diventano in questo caso frequenti le storte alle caviglie, che possono diventare vere e proprie distorsioni;
- sassi mobili sul sentiero e radici affioranti dal terreno sono spesso causa di cadute, soprattutto durante la discesa;
- il ghiaccio è sempre un’insidia da cui tenersi alla larga, se non si è adeguatamente attrezzati e preparati;
- in luoghi molto assolati, vicino a corsi d’acqua, nelle pietraie, nel sottobosco e nell’erba che rende invisibile il terreno si può celare l’insidia delle vipere; se si procede con passo pesante, si batte il terreno con le racchette o il bastone e si evita di posare le mani o sedersi in luoghi dove la vegetazione nasconde il terreno, si riducono al minimo i rischi;
- le vipere non sono gli unici animali pericolosi in montagna; ci sono anche le vespe, che possono all’improvviso assalire l’escursionista; in questo caso una rapida fuga ed un abbigliamento adeguato limitano molto i danni;
- l’eccessiva esposizione al sole può essere causa di malori;
- la discesa affatica molto le ginocchia; questo inconveniente può essere molto ridotto se si dispone di racchette o almeno di un bastone su cui scaricare titleernativamente il peso del corpo.