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Il
rifugio Donati è il più faticoso da raggiungere nell'intero arco orobico
ed uno dei più faticosi in assoluto nella nostra provincia, in quanto
richiede almeno quattro ore di cammino obbligato. Il percorso di accesso
più classico parte da Briotti. Per giungere a questa località, se percorriamo
la SS38 dello Stelvio da Sondrio a Tirano, prestiamo attenzione, 5 km
circa dopo il passaggio a livello con cui si conlcude la tangenziale
di Sondrio, al cartello che indica il comune di Ponte in Valtellina.
Dopo trecento metri circa troveremo una deviazione per Casacce e Sazzo,
che ci permette di valicare l'Adda su un ponte e di cominciare a salire
sul versante orobico (indicazioni per Sazzo ed Arigna). Oltrepassate
alcune frazioni, lasciamo alla nostra sinistra la deviazione per Armisa,
da cui si accede ai bivacchi Resnati e Corti, e proseguiamo per Briotti.
Proprio all'ingresso dell'abitato troviamo un parcheggio, nei pressi
dell'edicola del Parco delle Orobie, e qui, a circa 1020 metri, possiamo
lasciare l'automobile. Imbocchiamo poi una strada sterrata che, proprio
di fronte al parcheggio, taglia decisamente a si nistra,
raggiungendo il limite inferiore dei ripidi prati del maggengo. Qui
parte un tratturo, per un tratto con il fondo in cemento, che risale
i prati, diventando sentiero che entra nel bosco. Superata un'ultima
baita, accompagnati da rari segnavia rosso-bianco-rossi, proseguiamo
su un tracciato molto ripido, ignorando una deviazione a sinistra ed
una a destra (il sentiero da mantenere è quello che continua a salire,
più o meno sul filo del dosso). Dopo un'ora circa, ecco una radura con
la baita Spanone (m.1561): da qui non possiamo più sbagliare. Il sentiero
prosegue verso sud, raggiungendo, risalito un vallone, il muraglione
della diga di S. Stefano (m.1839), ai piedi del quale è ben visibile
l'omonima chiesetta. Qui dobbiamo proseguire verso sinistra, passando
sotto la casa dei guardiani: ci ritroviamo ben presto all'inizio di
un lungo sentiero quasi pianeggiante che taglia il fianco orientale
del pizzo Culdera. L'accesso è sbarrato, ma i guardiani, interpellati,
non hanno difficoltà a concedere il permesso. Terminata la traversata
ci si ritrova al baitone di Quai (m.1890), alle spalle del quale il
sentiero, ora segnalato con più frequenza, comincia a salire deciso
nel selvaggio vallone di Quai.
Nel
primo tratto c'è la duplice possibilità di prendere a destra o a sinistra:
l'titleernativa di sinistra varca su un punte il torrente che scende dal
vallone, risale un dosso erboso e torna a varcarlo verso destra, ricongiungendosi
con l'altra. Continuamo a salire su un ampio dosso erboso, tenendoci
non lontani dal fianco del vallone che sta alla nostra destra. Superiamo
anche i cartelli indicatori che segnalano una possibile deviazione per
il bivacco Corti e giungiamo presso le ultime rocce montonate che sbarrano
l'accesso al pianoro terminale dell'alta valle di Quai. Aggirate a destra
le rocce, ecco finalmente il rifugio, collocato su un promontorio roccioso
non lontano dall'incantevole laghetto di Reguzzo, nel quale si specchia
il pizzo Biorco. Sono passate, se abbiamo un buon passo, quattro ore,
ed abbiamo superato un dislivello di 1480 metri.
Un secondo possibile itinerario parte dai 1228 metri di Agneda e passa
per il rifugio Mambretti, e richiede ancor più tempo (circa 5 ore),
anche se il dislivello è inferiore (1430 metri circa; vedi sotto).
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