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Itinerari

 

   

In questi ultimi anni stiamo assistendo in parecchie località al recupero di vecchie vie di comunicazione, usate dai nostri predecessori sia per spostamenti commerciali sia individuali.
Una di queste vie è il Sentiero del viandante riportato alla luce da un'opera appassionata voluta dall'Azienda di Promozione Turistica del Lecchese, una strada modesta dal punto di vista storico, ma rappresentativa della vita che si svolgeva lungo questa sponda del lago di Como. Dopo l'attenta lettura di carte e documenti antichi, si è ricomposto questo cammino selciato e gradonato e lo si è consegnato, uniformando la segnaletica, agli escursionisti che lo percorrono per il piacere del corpo e dello spirito.
Dare a questa strada una collocazione storica non è facile; fu probabilmente più usata nel Medioevo come itinerario che da Milano risaliva verso le Alpi, transitando a mezza costa sui monti e toccando gli abitati più antichi, allora lontani dalla sponda del lago. Ma il percorso che i viaggiatori dovevano affrontare, una quarantina di km circa, risultava molto disagevole a causa dei frequenti posti di guardia e di pedaggio e malsicuro per le possibilità di frane e ghiaccio. Con il passare degli anni, perse importanza e venne sostituito, almeno per il traffico commerciale, dal più veloce e sicuro trasporto via acqua: frequenti battelli risalivano il lago fino a Colico e solo i viandanti, i pellegrini e gli eserciti, tenuto conto che ancora non esisteva un regolare servizio di navigazione per le persone, sceglievano la via di terra.
Questo percorso non ebbe mai una sola denominazione, ma vari nomi locali (Via Ducale, Via Regia, Napoleona, Strada dei Cavalli ed anche Via dei Viandanti) a significare che esso era il collegamento di più percorsi, mai soggetti ad un'unica volontà comune di politica stradale. Con il passare degli anni, il percorso venne migliorato o modificato in alcuni tratti, finché nel 1832 si portó a compimento la Strada Militare per lo Stelvio nel tratto fra Lecco e Colico. Il Sentiero del viandante venne usato allora solamente dagli abitanti del luogo come collegamento tra i vari centri rivieraschi e fra le loro frazioni disseminate sulla costiera.

 

 

BORBINO - SAN GIORGIO  km. 2,5  h. 0.45
L'itinerario inizia dunque in territorio del comune di Abbadia Lariana, nelle adiacenze della chiesa di S. Martino. Giunti sulla provinciale 72 che percorre la riviera del lago, subito si scorge sulla destra un poco rilevato sulla costa il fabbricato della chiesa. Se si prosegue circa 200 m, si trova verso lago un minuscolo piazzaletto per la sosta; la Stazione della linea Lecco-Sondrio è invece più avanti, proseguendo per altri 400 m sulla provinciale e svoltando a destra vicino a una tipica trattoria; sul tragitto si trova anche la fermata dell'autolinea Lecco – Mandello – Varenna - Esino. Sotto la chiesa di S. Martino, l'indicatore metallico avvia il percorso del Sentiero del Viandante ad una recente scaletta in cemento che fa guadagnare il poggio, da cui si ammira la bastionata del Monte S. Martino verso Lecco e le opposte giogaie del Moregallo e dei Corni di Canzo. Nella radura, affiancata a monte da ceppaie boscose, si trova l'edificio di antica origine, ma ora in forme duecentesche, con allungate monofore, tetto a capanna e un presbiterio rimaneggiato nel Quattrocento con volta a crociera: vi si osservano resti di importanti pitture, una Crocefissione con i santi Martino e Rocco, una Vergine in trono e un S. Antonio Abate, alcune vicine ai tipi di Alvise de Donati; la chiesetta è comunale e in via di recupero. A lato sorgeva anticamente la Cattaverna, indizio di un posto di ristoro come era d'uso lungo le strade di maggior frequentazione.
La via è sterrata, ma presto compaiono buoni tratti acciottolati, superando con un ponte la linea ferroviaria e continuando poi sotto le rocce del Monte di Borbino, che mantiene i segni di una antica e meticolosa sistemazione per brulli terrazzi da vigna. In breve ci si immette su un tratto asfaltato che conduce alle case della trazione di Borbino, lo si attraversa salendo poi una scaletta per trovarsi su un altro viottolo che tocca la parte orientale dell'abitato: qui la mulattiera e uno strettissimo passaggio, chiuso fra una quinta di vecchie case, un tempo dei Pensa e Valassi, a sinistra, e ortaglie e giardinetti scoscesi sulla destra. Se ci si vuole addentrare nell'interessante nucleo,si potrà osservare l'antico pozzo comunitario con affresco, poi, verso la fontana, la casa dei mercanti Bugatti (1507) poi Giorgi Bertola con torre colombaia, e la casa dei Pensa, che costruirono la bella chiesa della Concezione (1696).
La miglior visuale di Borbino si gode poco dopo la strettoia, dove la mulattiera riprende il suo regolare andamento, fiancheggiata da muriccioli bassi, che permettono di apprezzare la dolce e umida prateria a settentrione del paese. Incrociata una pista sterrata, si scende rapidamente fra alberi alla valle del torrente Zerbo, che esce dalla stretta forra della Val Monastero, il cui nome ricorda l'abbazia di S. Pietro unita nel 833 a S. Vincenzo di Milano: l'abate ebbe evidentemente diritti feudali sui dintorni e tra essi i diritti un tempo pubblici sulle acque e le miniere. Se ci si addentra qualche centinaio di metri nella cupa valle, si osservano angusti fori nelle rocce, attribuiti a opere minerarie altomedievali e incavi per derivazione delle acque raccolte alla Ceppata e condotte su pilastroni a formare l'avvio della Seriola, che dal Quattrocento muoveva magli da rame e molini fin dentro l'abitato di Abbadia. Dopo il ponte di pietra sullo Zerbo, la strada fiancheggia i muri di contenimento delle aie dei Molini, poche case ammodernate, nei cui dintorni sono nascoste tracce dei vecchi condotti.
La mulattiera riprende a correre diritta, fra vigneti a sinistra e prati e ville a destra, fino alla Cappella della Madonna di Caravaggio: a questo incrocio compare verso monte Robianico, bel cascinale con portone decorato di stemmi cinquecenteschi e fiancheggiato da una splendida mulattiera che con-duce ai pianori di Navegno e più oltre ai Campelli, luogo posto a circa 900 m poco sotto il Piano dei Resinelli e dove era in tempi barbarici la prima chiesa abbaziale, sostituita ora da S. Maria dei Campelli. La strada che scende invece a sinistra entra in Abbadia dove sorge la chiesa neoclassica di S. Rocco, eretta tra il 1836 e il 1855 a voto del colera; anche la vecchia Abbadia ha scorci suggestivi, con affreschi murali del tardo Quattrocento; presso la ferrovia si staglia il complesso della filanda e filatoio Monti, costruito intorno al 1867 su strutture precedenti: ivi è in allestimento un grande Museo Setificio, ricco di numerose macchine, tra cui un eccezionale piantello in tondo per la torsione del filo di seta, alto su quattro piani, col diametro di 5 metri e munito di 432 fusi. Sul lago prospetta la parrocchiale di S. Lorenzo, con affreschi di Luigi Tagliaferri e un altare ligneo del Seicento e vari quadri con storie dei santi Serviti, ordine al quale appartenne dal 1272 al 1788 il Conventino, ora abitazione privata. La passeggiata del lungolago, dove è il piccolo molo e l'attracco dei battelli, prosegue fino al parco del Lido verso Chiesa Rotta, luogo ove era la vecchia parrocchiale.
Dopo la Cappella di Caravaggio, il Sentiero si allarga in vera strada fra nuove costruzioni e sfocia in un piazzale in vista dell'imponente mole della chiesa di S. Bartolomeo, antica ma in forme del tardo Seicento, e della collina di Castello, in origine centro della signoria feudale dell'abate. A destra ampi prati utili alla sosta, a sinistra invece si alza il declivio roccioso e ammantato di bosco del colle, cinto da una muraglia di incerta età: sul colmo poco oltre si vede il complesso misto di antico e di nuovo, con muri di una torre e cortili limitati da cipressi. II Sentiero incontra la strada carrozzabile che sale a destra verso le frazioni di Linzanico e di Crebbio. Linzanico, ricordato dal 1167, ha un impianto caratteristico, formato di stradine e edifici pittoreschi e coiti, tele del bassanesco Anzolo Lion nella chiesetta, il vecchio municipio porticato neoclassico. Attraverso incantevole paesaggio si perviene a Crebbio, intorno a una torre medievale, la cui parrocchiale di S. Antonio del 1621 circa ha pregevoli lavori d'intaglio. Da li si può continuare la strada di cornice fino a Maggiana e Rongio in comune di Mandello del Lario.
Lasciato Novegolo scendendo la carrozzabile e sottopassando la Superstrada, si svolta subito a destra nella via Volta per circa 300 m, tenendo la destra e imboccando poi a sinistra il Sentiero erboso che si tiene sulla quota 230 circa parallelo al lago. La pista è abbastanza ampia e corre fra dolci prati sparsi di alberi da frutta e di radi olivi: a settentrione incomincia ad apparire il conoide dove siede Mandello. Dopo 400 m il Sentiero si riduce ed entra in un bosco inselvatichito, lasciando a sinistra, a confine con caseggiati recenti, uno stretto passaggio, resto della mulattiera che scende alla ferrovia e subito alla chiesa della Madonna di Debbio, gia dedicata a S. Stefano in un luogo il cui nome indica le tradizioni barbariche della messa a coltura dei prati; il grazioso tempietto, attorniato da sagrato, abeti e cipressi appena sopra la scalinata alla provinciale, contiene fra prospettive architettoniche una Madonna del 1434. II Sentiero del Viandante, ridotto dal franare del ciglio, si immette in una bella strada lastricata e sale fra alberi a raggiungere la chiesa di S. Giorgio, a cavaliere sul poggio traforato dalla ferrovia. II percorso di circa km 2,5 si compie in tre quarti d'ora. Anche qui ci ospita un sagratello recinto da muri, posto a belvedere sul lago e su Mandello, allietato da olivi e cipressi; numerose villette e case preludono alla conurbazione di Mandello del Lario, al cui piano e abitato lacuale si può accedere attraverso la ripida stradina lastricata di sinistra, che porta alla provinciale e 300 metri più avanti alla Stazione ferroviaria. Attraverso Pramagno, con darsena e parco, si passa al nucleo antico di Mandello, molto interessante dal punto di vista architettonico, avendo palazzi seicenteschi, corsie porticate a lago, la grande arcipretale del 1600 con altare ligneo e tele del Santagostino (1670), un campanile romanico, la torre del pretorio e, al di là del vasto giardino pubblico, il santuario decoratissimo della Madonna del Fiume (1627): un organico complesso di stucchi di Giacomo Scotti, affreschi e tele, spesso copia di celebri dipinti trascritti da Giacomo Antonio Santagostino.
La strada ducale in antico scendeva verso la conca in direzione delle officine della Moto Guzzi, qui sorte nel 1921 (piccolo museo con visita a richiesta); continuava poi verso la chiesa di S. Zenone in Tonzanico (doppia navata, Storie della Vergine e Martirio di S. Caterina, sec. XVI), toccava il fiume Meria a Molina e, attraverso le case di Palanzo e Gorlo, arrivava a Somana. Poiché la convalle è oggi densamente urbanizzata, l'indicazione del Sentiero del Viandante propone una variante più gustosa, che bordeggia il limite superiore della conca, sempre a raggiungere Somana. La sosta a S. Giorgio offre la possibilità di conoscere uno degli edifici più pregevoli del Lario; l'origine dell'edificio è molto antica, come dimostra l'acquasantiera marmorea del sec. IX-X, ma la struttura è del Duecento: ma importa soprattutto il vasto apparato di affreschi del Quattrocento, con un immaginoso Inferno e di contro il Limbo e il Paradiso e la rara figurazione delle Opere di Misericordia che sembrano richiamare la pittura ligure-piemontese (chiedere per la visita presso il caseggiato di lato).

SAN GIORGIO - SONVICO  km. 3,4  h. 1.30
Alla chiesa di S. Giorgio, occorre tenere la destra e salire l'antica strada del Fiastelli, sottolineata fra ciottoli da un percorso centrale in mattoni; frontalmente invece si delinea col nome antico un tratto della vecchia strada dei Viandanti. La via risale fra ville recenti e meno recenti, aggirando prati ed orti detti un tempo del Gaggio (nome longobardo che rammenta il bosco comune) e svoltando a destra in breve ascesa raggiunge il ciglio della Superstrada; un tratto ghiaioso sulla destra permette di valicare l'arteria su un ponte, dopo il quale, in vista di prati ameni e delle vette dello Zucco di Portorella, propaggine delle Grigne, si gira per pochi metri a sinistra e si riprende a destra la stradella fiancheggiata da muriccioli in degrado. La stradella sterrata conduce al muro di cinta del cimitero fronteggiante Zana, ancora in comune di Abbadia Lariana e poco distante dalla parrocchiale di S. Antonio, costruita nel secolo XVII e ricca di arredi lignei contemporanei.
Giunti così alla carrozzabile, la si percorre per circa 200 metri verso sinistra, appena a valle dell'abitato di Maggiana, che si profila sulla destra. Già all'ingresso del paese, ora frazione del comune di Mandello del Lario, si avverte la presenza nell'abitato di numerosi episodi architettonici con un caseggiato cinquecentesco ravvivato da affreschi murali: si sfocia subito sulla piazzuola della chiesa di S. Rocco, ricostruita nei primi decenni del secolo XVII; svoltando a destra ci si imbatte nel recinto che racchiude la nota Torre detta del Barbarossa, dove si tramanda l'ospitalità dell'imperatore nel 1158 presso la famiglia Mandelli: un'alta mole in pietra calcarea, che si dimostra molto antica, pur fra rimaneggiamenti, quali il portale ogivale, i resti di trofei affrescati e la terrazza ottocentesca sommitale: dal 1976 appartiene al Comune. Proseguendo lungo la via Vittorio Veneto, si lambisce a sinistra una contrada con vecchie case e muraglie, qua e là fatiscenti, tradizionalmente considerate un castello, forse ricetto fortificato per la comunità rurale. Al termine dell'abitato si delinea il percorso in parte acciottolato e in parte sterrato, che si sviluppa fra siepi e alberi su un terrazzo coltivato a vite.
Fiancheggiando il lato nord della Torre seguendo il segnavia 12, si può risalire rapidamente al Masso, fino alla Fontana del Tuf, sotto formazioni calcaree permanentemente stillanti, e sulla destra prendere la mulattiera delle cascine di Garde; sotto la rupestre costa ghiaiosa dello Zucco di Portorella, lasciando a destra il promontorio selvoso dello Zucco della Rocca (coronato da resti di una fortificazione alto-medievale), si perviene ai Colonghei (qui a destra si scende alla Grotta di Carnegia) e, dopo la profonda forra di Val Monastero, si risale ai pascoli di Lemaggio e ai Piani Resinelli sotto le creste della Grignetta.
II più agevole itinerario del Viandante può lambire la Torre per salire ai prati di Masso, tenendo la sinistra e superando un ruscello; dopo circa 400 m entra nel bosco rado fino ai casolari, in parte ammodernati, del Roccolo; ivi risale a destra con l'acciottolato, aggirando la testata della Val di Cargogno, dove rivede i prati e svolta a nord dirigendosi verso l'abitato di Rongio, sempre fra bellissimi terrazzi a coltivo, ad orto e vigna, fra case spesso ricostruite, sfociando a lato della chiesa di S. Giacomo. La chiesetta seicentesca (inferno classicheggiante con altare barocco in marmo), chiude una bella piazza con fabbricati antichi e lavatoio e fonte in pietra del 1798 arricchita da una protome leonina di recupero.
Percorrendo la contrada dei Ronchi e osservando a sinistra miracolosi intrecci edilizi e una rara raffigurazione popolare di S. Abbondio a cavallo, dipinta sotto l'androne di un edificio cinquecentesco, si perviene alla piazzola ove sorge a sinistra l'oratorio dedicato nel 1654 a S. Antonio da Padova, esempio ammirevole dell'architettura minore religiosa del tempo, con portale, statue, tele e stucchi, secondo la formula gentilizia voluta dalla locale famiglia Lanfranconi. Agli stessi viene assegnata l'alta casa-torre forse del secolo XIII, che si vede spuntare a destra appena a monte dell'abitato: e pietrame eterogeneo, divisa in piani da tramezzature lignee e con tetto a due falde, similmente alla casa-torre dei Ciappesoni che si può vedere a Crebbio, frazione di Abbadia poco a monte della chiesa di S. Giorgio.
Queste case-torri si apparentano a quelle della Valbrona e ne sussistono altri resti sul percorso a Regolo e Bologna in comune di Perledo.
Da Rongio si scende rapidamente sulla strada che va al Ristorante "Al Verde" e sulla destra fra il bosco al fondo della Val Meria, che si supera sopra un ponticello di legno osservando più titlei a destra i viadotti della Superstrada. L'impervio sentiero (lungo il quale è segnalato un itinerario botanico) risale a Somana, secondo l'interpretazione il colle della parte più alta dell'abitato di Mandello; qui vi è la chiesa di S. Abbondio parrocchiale dal 1858, avamposto al paese protetto dalla collina appena modulata da terrazzamenti e da bassure prative. Risalendo in breve la carrozzabile si perviene a Sonvico, la frazione più alta — come indica il nome — del territorio di Mandello; qui e l'edificio denominato Carbert, ove si dice per tradizione che risiedessero delle suore, affiliate al monastero dell'ospizio di S. Maria sopra Olcio. Da Sonvico infatti si diparte l'antica mulattiera che tiene la costa della destra della Val Meria verso l'Alpe di Era in vista delle rocce del Sasso Cavallo e del Sasso dei Carbonari nel gruppo delle Grigne; in circa h 0,40, si può giungere all'ospizio di S. Maria (m 664), già presente nel 1145 sopra uno sprone roccioso: recinto con cortile, forno, dispensa, dormitori, chiesetta di impronta seicentesca e campaniletto romanico ben conservato; si crede fosse dei Templari, ed infatti una “domus del tempo” c'era presso Zeno nel sec. XV.
Sull'opposto versante, da Rongio, si può seguire un altro vecchissimo tracciato, con segnavia 14, che si addentra man mano fra Ie propaggini del Sasso Cavallo e degli Scudi, diretto al Buco di Grigna, passaggio degli alpigiani verso la Valsassina; dopo circa mezzora di strada pianeggiante, si supera il torrente al Ponte di Ferro, si osservano marmitte di erosione; tenendo a destra la direzione verso il rifugio Elisa, si trova subito una delle più interessanti caverne della zona, la Grotta della Ferrera o del Rame (m 586), percorsa da acque e da alcuni identificata con una cavità ricordata da Leonardo: è un ampio ambiente di crollo entro il calcare di Esino.
II canalone della Val Meria presenta grande interesse, per le formazioni fossilifere, per numerose marmitte dei giganti e cascate e può esser risalito fino all'Alpe di Era in circa h 1,45 lungo il sentiero del Fiume (segnavia 15 B, impegnativo). La valle e incisa profondamente nel calcare d'Esino e da essa si può ben osservare le grandiose masse dolomitiche del Grignone, che si sovrappongono al blocco più nervoso della Grignetta.