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Valvarrone

 

Le croci sparse nel territorio

   

Non è difficile, passeggiando per la Valvarrone, trovare croci nei punti più impensati; non sono quelle col tettuccio caratteristiche del protestantesimo, sono semplici croci in legno, più o meno consumate dal tempo, o scolpite nella roccia. Stanno a significare che in quel punto avvenne una disgrazia (e di disgrazie ne sono avvenute parecchie). Chi cadde da un luogo impervio mentre tagliava lo scergnon  (l’erba olina), chi venne sepolto dalla neve, chi trascinato da valanghe, chi colpito da fulmini, chi precipitato per il terreno ghiacciato, chi morso da vipere. Nella vicina Premana dal 1816 al 1878 ben cinquanta persone incontrarono la morte o schiacciate da sassi o precipitando dai monti.

Si ricorda ancora dagli anziani la tragedia capitata nell’agosto del 1917 a Nina Acquistapace che cadde da un burrone mentre sul Legnoncino, in occasione della festa di S. Sfirio, aiutava l’amica Apollonia a cercare una capra smarritasi la sera precedente, forse l’erba secca, forse un piede messo male furono la causa della caduta e della conseguente morte; una croce ricorda ancora l’evento. Sempre sul Legnoncino trovò la morte Antonio Locatelli detto Toni di Mentoi; era salito lassù per raccogliere il fieno magro scergnon ed essendo la zona molto ripida le burelava giù (lo faceva rotolare) fino al sottostante pianoro; come successe non si sa, ma spingendo una carga de fen (un carico di fieno) venne travolto pure lui e in quel luogo impervio vi trovò una tragica morte.

Il luogo che seminò e continua a seminare più morti è la “Caurga”, è questa una pericolosa vallata che si trova sulla strada che da Introzzo porta a Tremenico. A ricordo dei morti della peste, dilagatasi nel 1630, ad Avano, frazione di Tremenico, si erge la croce dei morti della peste.

Sulla vetta del monte Legnone, dal 1900, si erge una croce, in risposta alla richiesta di Papa Leone XIII che nell’anno Santo 1900 esortò i fedeli ad innalzare sulle vette il simbolo del Cristo

Il culto delle reliquie

Ogni Chiesa vantava e vanta un buon numero di reliquie, riconosciute dall’Autorità ecclesiastica; ogni nuovo parroco prendeva in custodia i beni della Chiesa alla presenza di un notaio, le reliquie prendevano nell’elenco il posto d’onore. Sono due i tipi di reliquiari: quelli “a baciare” e quelli d’altare; quelli “a baciare” contenevano solitamente frammenti del Santo protettore del paese e nel giorno della festa del Santo, nel corso della funzione pomeridiana, i fedeli ad uno ad uno sfilavano a basà la reliquie (baciare la reliquia) tenuta in mano dal parroco che puliva il vetro ad ogni passaggio con una pezzuola bianca.

I reliquiari conservati in Valvarrone sono per lo più del XVIII secolo, in argento, qualche volta parzialmente dorato, più o meno lavorati; se ne conservano ancora parecchi.

A Tremenico, nella Chiesa parrocchiale, si trovano il reliquiario di Sant’Agata, in elaborata arte orafa settecentesca, che conserva la reliquia della Santa martire patrona del paese; quello della crocifissione, del secolo XVIII in lamina di argento sbalzato, parzialmente dorato, che porta, racchiusa in una crocetta di cristallo, probabilmente una doppia scheggia di legno sacro, il sigillo vescovile ambrosiano attesta l’autentificazione della reliquia. E’ questo un dono che nel 1728 i benefattori di Venezia fecero alla parrocchia di Tremenico; sempre in questa Chiesa si conservano altro quattro reliquiari con le dedicazionl a San Carlo Borromeo e Santa Giusta martire; a San Giuseppe Sposo, San Vincenzo martire e Desiderio martire; a Sant’Agata martire, Santa Severa martire e Celestino martire; a Giovanni Francesco de Chante, Costante martire, Giocondiano martire.

Nella frazione di Avano, nella Chiesa dell’Assunta è custodito il reliquiario della Madonna, la reliquia è contenuta in un medaglione ovale d’argento, di pregevole artigianato della prima metà del secolo XIX.

Nella Chiesa di Sant’Antonio Abate a Introzzo si conserva, oltre al reliquiario del Santo protettore in stile settecentesco del tipo “a baciare” quello del Velo della Vergine, in forma elegante, sempre del tipo “a baciare” e quello della spina in cui è conservato un frammento di spina. E’ qui conservato anche un cappuccio di lana rosso usato personalmente da San Carlo.

Nella Chiesa di San Bernardino a Sueglio il reliquiario di maggior devozione da parte dei fedeli è quello dedicato a San Biagio, alla Beata Vergine Maria e a San Bernardino, del tipo d’altare; gli altri quattro sono dedicati a San Vincenzo martire; San Grato martire; San Bono martire; Santa Gioconda e Severa martire. Nella Chiesa parrocchiale di San Martino è conservato il reliquiario della Vergine.

A Vestreno, nella Chiesa di San Giacomo sono custoditi i reliquiari di San Paolo, Beata Vergine Maria, San Giacomo; e quello di San Giacomo

La devozione della Madonna

Il culto alla Madonna è testimoniato dalla innumerevole quantità di gisö (cappellette), Chiese, affreschi, statue diffuse in questa valle; in ogni casa non manca mai il quadro della Madone (Madonna) sopra il letto, realizzato soprattutto in gesso sbalzato. Caratteristica è la Chiesetta settecentesca dell’Assunta ad Avano, che per antica tradizione viene considerata quella di più antica fondazione nella parrrocchia di Tremenico. Ad Avano, ogni anno, il 15 agosto, si svolge la festa della Madonna con un’enorme partecipazione di fedeli della zona circostante.

Dopo la solenne messa del mattino si coglie l’occasione per una colazione al sacco sui prati, è usanza mangiare il bech (caprone), il pomeriggio si partecipa al Vespro e alla fine della funzione si sfila ad uno ad uno per il bacio alla reliquia. Ci si ritrova sul sagrato per l’incanto dei canestri il cui ricavato va alla Chiesa, al termine dei canestri ci si ritrova sui prati circostanti la Chiesetta e se tira nocc (si tira notte) fra canti e balli.

Simile a questa è la festa che si svolge a Bondo sui munt (monti) di Vestreno la prima domenica di luglio; ci si ritrova attorno al piccolo Santuario della Madonna della Pietà, ricostruito nel 1677 il cui portico è del 1759. Questa località vede ogni anno un grande afflusso di persone che giunge, dopo mezz’ora di cammino a piedi, a festeggiare la Madonna.

Da alcuni anni, in concomitanza alla festa della Madonna, è stata istituita, al mattino, una gara a piedi non competitiva cui partecipa un buon numero di persone. Si partecipa alle funzioni religiose, si bacia la reliquia che viene portata dal parroco dalla Chiesa di Vestreno, si incantano i canestri e sui prati gruppi di persone innalzano canti, organizzano giochi per grandi e piccoli. E’ questo un momento di intensa vita comunitaria e di gioiosa allegria.

Il mese di maggio ci si ritrova tutti in Chiesa a di sü el rusari (a recitare il rosario), ora questa pratica religiosa è meno seguita di un tempo, partecipano soprattutto le donne e le persone anziane. Il mese di maggio vedeva tutti uniti in Chiesa, dopo la recita del rosario il Prete esponeva ai fedeli le grazie fatte dalla Madonna; dopo la funzione religiosa ci si trovava sul sagrato e mentre i bambini giocavano a nascondino, le persone anziane si intrattenevano parlando dell’andamento della stagione e dei fatti del paese.

Durante il corso dell’anno sono parecchie le feste dedicate alla Madonna, già nel 1200 gli statuti ne prescrivevano ben sei: il 2 febbraio la Purificazione, il 25 marzo l’Annunciazione, il 15 agosto l’Assunzione, il 5 agosto la celebrazione della Madonna della Neve, l’8 settembre la Natività, l’8 dicembre la Concezione. Col passare del tempo le feste dedicate alla Madonna aumentarono e accanto a queste se ne enumerano altre quali la Madonna de Bund (di Bondo), la Madonna de Aven (di Avano), la Madonna de Cunsciulin (di Consolino) e la Madonna della Neve di Sueglio.

La Madonna veniva costantemente invocata soprattutto nei momenti di difficoltà, tipica è l’espressione O Madona de Cunsciulin .(0 Madonna di Consolino).

I giso (cappellette)

Ad ogni passo santelle della pietà così Arrigoni descrive i gisö (cappellette) che sorgono soprattutto ai lati delle strade di campagna, in mezzo ai prati e anche nel centro del paese; sono piccole costruzioni in sasso con all’interno statue o effigi, soprattutto della Madonna, in alcune anche di Santi. La maggior parte delle cappellette ha una piccola grata di ferro che evita la deturpazione e l’asportazione delle statue, su questa grata vi sono sempre dei fiori freschi di campagna. Numerose sono le grazie ricevute e di svariate forme che si vedono all’interno in ringraziamento per uno scampato pericolo o per una guarigione da malattia. Venivano erette per invocare la protezione delle persone, delle bestie, dei campi e per scongiurare i morbi; non mancava mai un ramo di ulivo, benedetto il giorno delle Palme, che scongiurava le tempeste ed i temporali. Su alcune era posta una lapide con una scritta che richiamava l’attenzione del viandante alla meditazione come la seguente:

O viandante;che tu sia, mormora Ave Maria,
riprendi poi la via e accanto avrai la Vergine Maria.

Le Chiese della Valvarrone sono molto ricche di affreschi, statue, oggetti di argento ed oro donati soprattutto dalle compagnie di emigrati; sono moltissime anche le immagini sacre dedicate alla Madonna e ai Santi, contenute nei gisö (nelle cappellette), nelle nicchie poste sui frontoni delle case, nelle case e nelle stalle. Realizzate, in linea di massima, da artisti ignoti, molto belle nella loro semplicità, avevano lo scopo di tenere lontane le malattie, le pestilenze e di favorire i raccolti. Personaggio di spicco per quanto riguarda la realizzazione di figure sacre è Bernardo Rubini che operò ad Avano (frazione di Tremenico) approssimativamente dal 1918 al 1941-42. Scultore del legno ha realizzato parecchie opere delle quali molte sono andate perdute; oltre al presepio meccanico si conservano ancora un Cristo giovane con corona di spine, Gesù Bambino con globo in mano, due angeli, candelabro, tronetto con tendaggio e due angeli; pietà; e vangelo, croce, calice con ostia, mitra vescovile poste all’estremità di asta processionale. Operava nella zona anche un rinomato pittore e decoratore di Chiese: Giovanni Maria Tagliaferri che ebbe i natali in Premana e che nello stesso paese nel 1861 dipinse nell’Oratorio di San Rocco il grandioso “trofeo della morte” a ricordo dei morti della peste; dedicava la sua abilità anche alla stuccatura e alla pittura di alcune opere del Rubini.

Una religiosità pratica

Gli abitanti della Valvarrone furono sempre molto religiosi, nel registro comunale del 1584 si legge di pene pecuniare per i profanatori delle feste: era multato “in soldi venti chi abbia ardire lavorare le feste di prezeto”; Gli statuti della Valsassina del 1388 stabilivano che chiunque bestemmiava Dio e la Madonna fosse multato di cinquanta soldi terzoli, di quaranta chi bestemmiava i Santi; prescrivevano inoltre le feste da celebrare che, senza contare le domeniche, erano ben sessanta. La Messa, soprattutto quella festiva, era molto frequentata, si andava alla Mèse base (prima Messa) per fare la Comunione (quando era d’obbligo il digiuno dalla mezzanotte), si ritornava poi alla Mèse grande (verso le dieci); in caso di mal tempo si correva dal parroco a chiedere il permesso per potersi assentare. Era, soprattutto la messa delle dieci, un motivo di incontro della popolazione, dopo la Messa ci si ritrovava sul piazzale, le donne sfoggiavano i vestiti e tutti assieme si parlava. Durante i giorni feriali la messa era celebrata verso le quattro di mattina ed era frequentata soprattutto dalle donne e dalle persone anziane. “Presso la balaustra stavano i ragazzi tenuti quieti e rispettosi dal Priore della Confreternita del Santissimo Sacramento che era detto bachetèr perchè usava una verghetta di nocciolo per farsi ubbidire e anche per destare chi dormiva, poi venivano gli uomini ed infine, nella zona verso la porta, le donne. Prima di entrare nella Chiesa queste lasciavano sul sagrato le zoccole, allungate in lunghe file”.

Il parroco si prodigava moltissimo per la sua gente: un bun religius ed def mai stà uzius (un buon religioso non deve mai stare ozioso), insegnava persino a leggere e a scrivere. Il Cardinal Federico Borromeo, impressionato dalla vita che conducevano i curatori delle anime, disse che erano ricchi ed abbondevoli solamente di fatiche e di meriti, che vivevano in santa e povera vita e che le genti ammiravano il buon esempio e ne avevano un grandissimo conforto. Quel che Dio vör l’è mai trop (Quello che Dio vuole non è mai troppo), Chi fà il mal el resta purga (Chi fa il male resta punito) sono questi due proverbi che descrivono come la popolazione della Valvarrone creda nella giustizia divina e accetti con rassegnazione le prove che Dio manda loro; altra espressione significativa è: Dio ved, Dio pröved (Dio vede, Dio provvede).

Sino a un ventennio fa era molto attiva la congregazione dei confratelli e delle consorelle; quasi tutti i giovani entravano nelle confraternite, maschi e femmine, occorreva però frequentare le funzioni religiose, pena l’espulsione. I confratelli avevano l’obbligo della frequenza dell’ufficio che si teneva la domenica mattina prima della Mèse grande (Messa grande); della partecipazione in divisa ai funerali, chi non vi partecipava doveva pagare una multa. Ogni terza domenica del mese, prima della Messa delle dieci, si faceva la processione attorno alla Chiesa; durante le quarantore, a turno, si.faceva un’ora di adorazione davanti al Santissimo Sacramento esposto, anche di notte. Una volta l’anno si celebrava il congresso della zona che durava tutta la giornata durante la quale si faceva la processione per le vie del paese col Santissimo, si partecipava a conferenze, si assisteva alle predicazioni e si pregava. Ogni anno si cambiava il paese. Le divise erano diverse da paese a paese, a Tremenico la tunica era bianca e il rochèt (mantello) e il cordone rossi. Le donne erano meno impegnate, dovevano però partecipare ai funerali ed alle processioni col velo bianco sulla testa.

Gli abitanti della Valvarrone temono il diavolo che tenta gli uomini per farli peccare, si difendono da questo ricorrendo con le preghiere a Dio.