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Barche lariane

 

Barche per usi diversi

   
Contrabbando

Il confine italo-svizzero non divide solo due stati, ma anche due tipi di mentalità politica e due modi di governare profondamente diversi. In Italia, i prodotti esenti da dazi sono rari; e poi ci sono forti imposte indirette e monopoli di stato. Con queste premesse, è comprensibile che ai due lati della frontiera ci siano sempre stati forti interessi per il passaggio clandestino di beni di vario genere, in particolare del tabacco.
Il contrabbando sul lago era sicuramente fiorente già nel XIV e XV secolo ed è proseguito fino a qualche decina d’anni fa. Le barche utilizzate a questo scopo avevano caratteristiche uniche, dovute al particolare utilizzo. Barche a remi veloci e silenziose, strette e lunghe, ideate per sfruttare al meglio lo scivolamento sull’acqua. Le merci contrabbandate, destinate alla Brianza, superavano il confine sui monti della Val d’Intelvi e della Val Menaggio, raggiungevano il cosiddetto triangolo lariano, e da qui venivano smistate nei paesi della riva orientale verso le nuove destinazioni.Antagonista dei contrabbandieri (negli ultimi secoli) era la guardia di finanza, che perlustrava ogni notte larghe superfici del lago, anch’essa utilizzando imbarcazioni ed in tempi più recenti a bordo di potenti scafi motorizzati. Col tempo si è venuta a creare una vera e propria sfida nella sfida. I contrabbandieri dovevano migliorare continuamente la tecnica delle loro imbarcazioni per poter eludere la sorveglianza della guardia di finanza che, a sua volta, disponeva di mezzi sempre più potenti e veloci. I contrabbandieri si dimostravano spesso assai più scaltri dei militari, attraversando il lago in punti strategici e rifugiandosi in nascondigli, sotto costa, spesso impensabili. Per il miglioramento delle prestazioni, i contrabbandieri adottarono la tecnica del progressivo aumento del numero dei vogatori, da due a cinque. Le imbarcazioni avevano misure costanti, dai circa sette metri per la barca a due rematori, ai dieci per la versione a cinque rematori. Regola fondamentale era quella di evitare le notti di luna piena e quelle con lago mosso; comunque, la navigazione avveniva il più possibile sotto costa per sfruttare le ombre create dalle montagne circostanti. Questo consentiva, inoltre, di raggiungere la costa a nuoto in caso di abbandono della barca e del carico. Il colore di queste imbarcazioni era mimetico (grigio-azzurro) e di tipo opaco per evitare i riflessi. Le caratteristiche di queste imbarcazioni si possono così riassumere: lunghezze comprese tra i sette ed i dieci metri, carena piatta e poppa rialzata (la poppa rialzata permetteva una manovrabilità eccezionale e deviazioni “secche”). Il legname utilizzato era di scarsa qualità (pèscia), in pioppo o abete, perché economici e poiché la barca andava realizzata in brevissimo tempo. I remi erano “di coppia”, ossia, ogni rematore agiva su due remi contemporaneamente.

La voga avveniva da seduti tranne che per l’uomo di poppa che, vogando in piedi, aveva la doppia funzione di sentinella e timoniere. Per bilanciare il peso a bordo (le barche avevano un fianco molto basso e navigavano a pelo d’acqua), il carico era distribuito uniformemente tra i vogatori e non eccedeva mai in volume o in peso per non compromettere le prestazioni della barca. Probabilmente la migliore dote di queste barche era la velocità. Si diceva, infatti, che potessero “tenere dietro” ai grandi battelli a ruote. altro grande pregio era la silenziosità. Unico rumore era lo sciabordio dello scafo; l’utilizzo di sedili fissi e gli scalmi sempre perfettamente unti, uniti all’abilità dei vogatori, permettevano di remare in assoluto silenzio.Il livello tecnico di questi scafi divenne col tempo così elevato, da poter affermare che siano i progenitori degli scafi da competizione a sedile fisso, strutturalmente uguali, e uguali anche per forma e attrezzatura.  
L’attrezzatura, in particolare, ha una storia interessante negli scafi da contrabbando. Lo scafo, era di tipo usa e getta. In caso di pericolo lo si abbandonava col carico. I braghèt (fuori scalmo) ed i remi erano invece i componenti di cui avere cura. Ogni vogatore era custode dei propri; i fuoriscalmo erano in ferro (materiale prezioso) e potevano essere riutilizzati per una nuova barca. I galletti posti sui fuoriscalmo, avevano proprio la funzione di agevolare l’operazione in caso di abbandono dello scafo,. potendo essere svitati con facilità. I remi, invece, venivano gelosamente conservati perché vecchi e, quindi, collaudati. Erano questi che davano le migliori garanzie di resistenza e solidità.

Spingarda

Era una imbarcazione che si utilizzava esclusivamente per la caccia. Scafo basso e filante, fondo arrotondato, veniva verniciata di colore grigio-azzurro per meglio mimetizzarsi tra i riflessi delle acque del lago. Montava, a prua, un lungo cannoncino d’acciaio denominato “spingarda” (dal quale la barca prende il nome) che superava i tre metri di lunghezza, fissato ad una robusta trave che costituiva la struttura del fondo. Era un’arma micidiale per la caccia alle anatre selvatiche (ancora oggi presenti in un’area limitata all’estremo nord del lago chiamata “pian di Spagna”). Questo tipo di caccia avveniva solo nei mesi invernali; il cannoncino, d' acciaio, veniva caricato a pallettoni o, in titleernativa, con chiodi o bulloni e poteva colpire fino ad una distanza di circa duecento metri. Inoltre, la rosa descritta dai pallettoni era molto ampia e poteva, quindi, colpire molti volatili, non sempre uccidendoli. In media ogni colpo abbatteva una decina di uccelli, ma molti restavano feriti e finivano col morire altrove. Un assordante fragore seguiva lo sparo e il rinculo generato faceva indietreggiare la barca fino a trenta metri.

Questa micidiale arma è stata fortunatamente proibita negli anni settanta, mentre l’imbarcazione ha continuato ad essere utilizzato per la caccia con fucile fino ai primi anni novanta. Oggi la legge vieta la caccia dalle imbarcazioni.La maggior parte degli esemplari costruiti si aggirava sugli otto metri di lunghezza. La spingarda era dotata di fori posti sulle fiancate; in questi fori venivano alloggiati dei corti remi (spàtol) di circa un metro con i quali si remava piano ed a pala sempre immersa (tecnica utilizzata anche nelle battute di pesca a fiocina “fròsna” con altri tipi di imbarcazione), per avvicinarsi di soppiatto allo stormo. In tempi più recenti, veniva montata allo scafo una piccola elica laterale. Questa era azionata da un sistema a pedali spinto da uno dei due cacciatori, che stavano coricati con la schiena sul fondo della barca.