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Itinerari

 

   

VEZIO - BELLANO  km. 3,6  h. 2.30
Al termine delle case di Vezio a prospetto del boscoso pendio che scivola ripido alla valle del torrente Esino, si prende a destra un viottolo che scende lentamente in diagonale, a volte ancor provvisto del vecchio acciottolato a cordonature; raggiunto un tornante della strada carrozzabile, la si percorre per circa 200 m, infilando quindi a sinistra una scalottola che immette nel recinto del Crotto del Pepot, costruzione del primo Novecento, abbarbicata alle rocce della gola in cui scorre profondo il torrente entro le scure formazioni del calcare di Varenna - Perledo da esse proviene il raro fossile del "Lario-saurus Balsami" del Museo di Storia Naturale di Milano. Attraversato l'orrido sopra uno stretto ponticello, si vede lungo il ciglione l'abbandonato percorso per il molino di Vezio, datato 1855; si risale invece rapidamente a incontrare nuovamente la carrozzabile che da Vezio conduce a Regolo, percorrendola per un centinaio di metri; sulla destra, fra una costa ricca di olivi, si scorge la ripida mulattiera che termina al porticato della chiesa barocca della Madonna di Campallo: da qui si mostra in tutta la sua suggestione il promontorio di Vezio con la torre. L'itinerario sottopassa il porticato e continua diritto, mentre sulla destra la mulattiera conduce a Perledo.
Perledo ha un notevole agglomerato di case medievali e barocche, dominate dall'alta facciata della prepositurale di S. Martino, creduta fondazione teodolindea; il grandioso tempio che richiama l'architettura di Martino Bassi, risale al 1614-1628, con tiburio decorato nel tardo Ottocento sopra una pianta ottagonale, mentre la fronte è datata 1755: risalgono al Seicento gli intagli del battistero e gli altari laterali dove si ammira una pala di Domenico Cadorado; nell'intatta sacristia settecentesca risalta una tela di Filippo Bellati (1785). A lato si erge un possente campanile romanico della fine del sec. XI, a monofore bifore e trifore, in parte otturate per reggere il tardo tamburo sommitale.
L'antico tracciato si dirige invece a nord fra i prati di Campallo, adorni di vigne ed oliveti, supera il ruscello di Perledo, fra nuove case sfocia all'ingresso della frazione di Regolo, nel cui mezzo sorge la chiesetta barocca di S. Giovanni Battista.
Svoltando a destra per entrare nel paese, si osserva un grande casamento in pietra, che si dimostra casa-torre medievale dalla tessitura simile ad altra visibile nella frazione di Bologric più a monte. Girando immediatamente a sinistra e attraversando le viuzze acciottolate, si riesce sulla carrozzabile che a destra sale a Tondello, Bologna, Regoledo e Gittana; occorre percorrere in discesa la carrozzabile per poco più di 200 metri osservando qualche villa del primo Novecento; sull'esterno del tornante si profila verso nord la via Cava Bassa, in parte asfaltatata, che trova avvio appena a valle dell'abitato di Tondello, di cui si intravvede la chiesetta già nota dal 1455 e in veste barocca: il piccolo nucleo ha qualche buona casa antica, della famiglia Del Mat, ben presente nelle guerre fra Spagnoli e Francesi nel primo Cinquecento.
Dopo la cappelletta del Crocefisso del 1891, la visuale abbraccia uno stupendo brano di costa che scende a lago velocemente tra terrazzi a frutteto. Più avanti, presso un interessante fabbricato in abbandono e una teleferica, si apre la vasta Cava Bassa per il tipico marmo nero di Varenna, una delle 80 che al tempo di Maria Teresa d'Austria erano usate da una schiera di scalpellini-scultori (Conca, Marazzi, Calvasina, Valassi). La stradella percorre la quota 350 m circa, aggirando i fianchi rupestri del colle di S. Ambrogio, sulla cui sommità pianeggiante sono i resti dell'omonima chiesa: ricordata nel 1455 e detta da S. Carlo "ad castrum", si trova in un ambiente di straordinaria suggestione; nei pressi si vede una cisterna, poi un edificio e un fondamento di torre, più sotto alcune muraglie: secondo il Pensa si tratterebbe di una fortificazione anteriore al Mille.
La stradina riprende la conformazione antica a piccole balze, si divide quindi in due: tralasceremo quella di sinistra, se non per scorgere una verde nascosta vallecola e una Madonna vecchia di secoli dipinta sotto un pergolato, mentre sulla destra il Sentiero del Viandante, fra titlei muri sale in 150 metri a sbucare sulla carrozzabile che collega Bologna a Gittana e Regoledo, vicino a una chiesuola eretta alla Sacra Famiglia a fine Settecento dai Maglia. Siamo qui nel mezzo del vasto e intricato Bosco delle Streghe, di infausta memoria, che copre tutta la fascia tra lo scoglio di Morcate, il colle di S. Ambrogio e il pendio di Gisazio. Immediatamente sul lato sinistro della cappella Maglia, la mulattiera scende in scale a acciottolata alla piazzetta avanti la parrocchiale di Gittana, accorato belvedere sul lago. E' uno del punti più importanti del percorso, limitato da muretti e porticati, accanto alla chiesetta delle Grazie: l'edificio in abbandono, ricostruito fra 1620 e 1630, contiene stucchi e affreschi, oltre che la tomba dello scrittore Paolo Emilio Busi detto Parlaschino (1571-1653); sul fronte è murato un rilievo duecentesco con un crocefisso e una Stella, appartenente alla antica costruzione, che una complessa iscrizione attribuisce, come in altre vicine località, al voto della regina Teodolinda. II bellissimo complesso vede più arretrata la attuale parrocchiale, con tele del 1626 di G.B. Fumeo e affreschi del 1893 dei Tagliaferri. La chiesa sovrasta la carrozzabile che risale dal lago, da Riva di Gittana, e passa davanti al famoso Crotto ottocentesco, mantenuto nella sua simpatica fisionomia (in un affresco si ha la "cavalcata della botte"), giardini a ripiani e cucina tradizionale. Si può quindi percorrere per un breve tratto in salita la carrozzabile, rasente il cimitero, per riprendere la mulattiera che aggira a monte l'abitato di Gittana adagiato in una verde convalle. La carrozzabile prosegue per Gisazio, in una amena radura e con la chiesetta della Maddalena, quindi per Bologna dove si nota una casa-torre e la chiesa di S. Bernardo fondata nel 1419 e con pala del Fumeo.
II Sentiero del Viandante prosegue dunque a monte di Gittana, lambendo una cappella con fonte, supera con un ponticello il ruscello che scende da Gisazio, e al tabernacolo della Madonna continua, lasciando a destra la rampa che sale alle visibili case di Cestaglia e più oltre a Regoledo.
La costiera è ricca di begli oliveti a conferma della feracità del contorno, frequentato da lunghi secoli; poco più sotto verso lago, nella costruzione della ferrovia, nel 1891 fu scoperta un'importante sepoltura di un capo celtico, armato di tutto punto e con eleganza formale vicina al gusto etrusco (sec. VI-V a.C.): le armi sono al museo di Como.
La pista, un po' sentiero e un po' acciottolato, entra nel bosco ad intersecare il vallo largo 7 metri della cessata funicolare che collegava la linea ferroviaria Lecco - Sondrio con lo stabilimento idroterapico del sovrastante Regoledo. L'ampio complesso venne fondato nel 1858 ed ebbe ospiti di riguardo, da Ippolito Nievo che vi compose scritti, a Massimo d'Azeglio, da Toscanini a Rosso di San Secondo; divenuto ospedale militare, e ora succursale dell'lstituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone.
Tra l'oscura vegetazione, il profondo solco fiancheggiato da robusti plinti assume l'aspetto di un orrido. Subito a sinistra appare un'umile cappella ottocentesca, che riserba la sorpresa di una delicata Crocefissione del tardo Quattrocento, un resto deteriorato ma ancora apprezzabile. Pochi metri più avanti, da una ceppaia spuntano tre cippi di granito datati 1732 e con le sigle dei comuni di Perledo e Bellano, che qui giungono a confine; altri cippi simili si trovano più avanti.
Dove termina il bosco si apre una serie di prati a terrazzi, ancor utilizzati per il bestiame; fra un complesso di caseggiati rustici, spicca la Fabbrica, edificio in pietra a tre piani ingentilito di portale e balconcino barocchetto; ancor usata la vasta cantina a volta con torchio e antichi attrezzi da vino; forse fu punto di ristoro e con servizio di fabbro e forse anche bigatteria dei Loria, grandi imprenditori bellanesi del tardo Settecento.
Siamo al risvolto che scende alla Valletta sottostante Biosio, superata con un ponte di pietra per entrare poi nel rigoglioso castagneto. Biosio si raggiunge da una mulattiera che precede la Valletta e che poi continua per Bonzeno; Biosio, che ha una chiesetta del 1763, è noto per un apprezzato Crotto del Mauro, posto in un punto di inimmaginabile vista su tutta la montuosa costiera dell'opposto versante del lago.
Usciti dal bosco, ecco la Cappella dell'Addolorata con pronao a colonne del 1935, presso un altro rigagnolo che introduce all’'amena contrada di Rialba. Osservando le balze a vigneto e i caseggiati saporosi protetti da una muraglia non si fatica a rammentare l'ubertosa attività dei secoli passati, celebrata anche da Sigismondo Boldoni, il poeta bellanese testimone e vittima dell'orrenda peste manzoniana. La strada scende dolcemente incontrando la carrozzabile che sale a Bonzeno, appena individuabile dall'alto campanile settecentesco: S. Andrea conserva, fra elementi del Seicento, un affresco e un Crocefisso ligneo del secolo XV. Attraversata la provinciale per la Valsassina, la stradina selciata entra nell'ombra di case e muraglie per sfociare al ponte di S. Rocco, sul fiume Pioverna, a lato della chiesetta che dal 1969 è sacrario dei Caduti; i portalini marmorei recano la data 1489, ma è ora sobria costruzione secentesca con ancona e statue lignee, oltre a due belle tele moderne del Vitali. A nord è il vasto e suggestive cimitero, con molte statue del Tantardini e del Branca, cui appartiene il primo monumento a don Luigi Vitali, fondatore dell'lstituto dei Ciechi di Milano. Guardando dal ponte verso est si osserva il mugghiante fiume Pioverna, che scorre incassato fra le rocce della Valsassina; se si scende la scalottola che conduce al centro di Bellano, si giunge all'ingresso dell'Orrido, tra i più famosi della Lombardia, già definito dal Boldoni "orrore di un'orrenda orridezza", spaccatura fra cui si passa su sentierini e ponticelli sotto le cascate e sopra ribollenti flutti: modificato da una frana del 1816 e da lavori del 1856, le sue acque sono captate per il cotonificio Cantoni; attualmente la visita a pagamento è possibile da aprile a agosto tutti i giorni (10,30 -12,30; 14-18).
Continuando, si entra nella piazza della prepositurale di S. Nazaro e Giorgio, in parte romanica e completata con una monumentale facciata per cui intervenne nel 1348 Giovanni da Campione; nella sezione centrale a fasce bianche e nere è inserito un grande rosone in maiolica sopra il tabernacolo della statua di S. Ambrogio; l'interno a tre navate, allungato nel Cinquecento, ha volte affrescate (1530), antiche vetrate, resti di pitture quattrocentesche, una quantità di arredi del Seicento, un'ancona scolpita del Rosario e soprattutto un notevole polittico del Battista (circa 1525) che mirabilmente sintetizza aggiornati linguaggi lariani, veneti e nordici. Poco lontano, anche Santa Marta ha un capitolo d'arte costituito non solo da stucchi e affreschi del tardo Cinquecento, con molti quadri di cui uno forse di mano di Pietro Ligari, ma anche da un Compianto di statue lignee di Giovan Angelo del Maino (in. sec. XVI). Le stradine del centro si allungano fra titlei muri medievali, decorate di portali e stemmi (curiose le mandibole della famiglia Denti), vi sono piccole corti barocche, negozietti con bellissimi oggetti di rame e di pizzo, osterie dalle grandi volte a vela. II lungolago ameno, provvisto di molo e pontile per battelli e aliscafi, ha due monumenti a Tommaso Grossi e Sigismondo Boldoni, celebri scrittori, e si prolunga con giardini fino alla foce del Pioverna. Nell’interno del nucleo, la biblioteca è allogata nella chiesa di S. Nicolao già degli Umiliati, con molti affreschi dei secoli XV-XVI. Bellano è un paese di 3.450 abitanti, attivi per lo più nell'industria; tra le feste caratteristiche, il corteo dei Re Magi nella notte di vigilia dell'Epifania, detto della "Pesa vegia", col ripetersi del ritorno in barca da Como dei paesani che ottennero nel 1862 di mantenere i pesi anticamente ivi in uso: la tradizione ambienta però il corteo nel costume spagnolo del Seicento.

BELLANO - DERVIO  km. 4  h. 2.15
Tenendo la sinistra dell'oratorio di S. Rocco, fiancheggia il cimitero una ripida scalinata, che sale diritta fino alla frazione di Ombriaco (m 324), seguendo una pista certo molto vicina a quella che si può desumere tenesse nell'età viscontea la via che consideriamo. Dal centro della località, dove la chiesa di San Bernardino rappresenta una delle primissime fondazioni votive in onore del santo della pace (1451), pur trasformata, se si tiene la destra, attraverso la provinciale oppure riscoprendo man mano tratti delle vecchie mulattiere, si va in direzione della Muggiasca, il territorio ridente sulla sinistra orografica del torrente Pioverna, che è costellato dei numerosi casali del comune di Vendrogno, ormai in Valsassina.
Da Ombriaco si può guadagnare Lezzeno proseguendo a nord fra villette e giardini, intersecando due volte la strada asfaltatata.
L'itinerario segnalato preferisce orientarsi sul Lezzeno con un percorso un poco più agevole, che va pianeggiante oltre S. Rocco nella direzione finora usata; si imbocca la strada per Lezzeno e al primo tornante si prende - volendo - a sinistra una carrozzabile che porta verso Oro; alla prima piccola curva della strada il Sentiero si immette su un'altra vecchia mulattiera, che tagliando più lenta i pendii e traversando una volta la provinciale, conduce sotto il piazzale del santuario di Lezzeno. II contorno è sparso di lindi fabbricati e si riscontrano ancora più a settentrione balze quasi incontaminate. Emerge su tutto il Santuario della Vergine, fra elaborate scalee recenti; è uno degli incompiuti Sacri Monti del Lario, originato da un pianto miracoloso di un'effige avvenuto nel 1688 e interpretato come avverso all'eresia luterana; l'edificio sorse fra il 1690 e il 1704, anno cui appartiene l'alta facciata barocca a vento che precede l'interno ricco di stucchi e di affreschi del Tagliaferri e del Morgari e con una pala di S. Giuseppe resto di un'edicola eretta nel 1625; la chiesa viene attribuita a un Quadrio, ma appartiene forse a Giorgio Vitali, architetto attivo nei dintorni. Salendo lungo il lato sinistro tra i cipressi, dietro un gruppo di vecchie case si riprende la mulattiera che mira diritta all'abitato antico della frazione, dalle pittoresche ed titlee costruzioni, per lo più di sapore settecentesco: la stradina corre brevemente parallela alla provinciale di Vendrogno per meno di cento metri e si scende a traversarla in corrispondenza di una scala per calarci in una Valletta: lavatoio, poche case rustiche, un affresco murale, poi il sentiero segue il ciglione in vista di un basso promontorio verdeggiante: vigneti di grande accuratezza, orti feraci, radi gruppi di olivi e un respiro di vedute sul lago verso Acquaseria e Rezzonico. Aggirato un casale ammodernato, si entra nel bosco e si delinea nuovamente la mulattiera in pendio, fra rivoli di ruscelli e un ponticello in pietra.
Dopo un altro ruscello, ecco riprendere il prato che degrada verso il solco della nuova superstrada; si taglia il pendio a sinistra, lungo un muraglione trasversale, fin a giungere al limite dell'arteria, dove un tratto sterrato conduce sulla destra alla profonda incassatura ombrosa della Valle del Mulini: presso l'arcata del ponte sopravvivono suggestivi resti di impianti ed edifici produttivi.
La strada è ora acciottolata, passa accanto a una bella costruzione e una fontanina, lascia a destra l'amena rampa che sale alla frazione di Pendaglio, case titlee e arroccate sotto il Muggio, in stretta e sopravvissuta unità con la chiesuola di S. Domenico voluta dagli abitanti nel 1680. La strada cordonata sfocia sull'asfalto della rotabile di Oro, che si attraversa per scendere nell'intimo del borgo, un tempo centro felicissimo, insieme con Verginate, della produzione dei vini bellanesi, noti alla mensa arcivescovile, come anche ai viaggiatori del secolo scorso che si meravigliavano di un vino marsalato, chiamato "di paglia" o "del tetto", ottenuto dall'uva passita sulle tradizionali coperture di paglia. Oro par strapiombare sul lago; strutture rustiche, piccoli slarghi, archivolti, l'uso fantasioso della pietra, l'idea ancor comprensibile di un abitato rurale intorno alla chiesina di S. Gottardo dal giallo manto che copre anche il caratteristico campanile; al patrono dei trafficanti venne dedicata questa struttura intorno al 1570.
Superata la chiesa si aggira la Valle di Oro, sempre in dolce paesaggio agreste, si sale al tabernacolo barocco e si risvolta a monte per tornare sulla strada sterrata che circonvalla il paese.
La pista sterrata continua per poco, rasentando una inconsueta cappella neogotica fra olivi e seguendo la falsariga della vecchia mulattiera, che a volte, come al passo del ruscello riaffiora ai margini con resti di massicciata e di passatoie. Un cippo datato 1729 segna l’avvio del percorso antico che scende alla Valletta di Pendaglio e alla seguente di Verginate. È l'ultima frazione di Bellano, inerpicata al limite del rado bosco e sotto affioranti dirupi, luogo in splendida positura e di antica data, dall'appellativo derivante forse da un nome personale. È da ammirare l'intera costiera che da Verginate decliva anche al di sotto della via, quasi una "imponente scultura" - come è stato scritto - che rimodella le pendici in terrazzamenti a fasce ancor sparsi di qualche vigna, resto dell'intensa attività antica. Al passaggio della Val Grande si entra nel territorio di Dervio e dall'ombrosa spaccatura si riesce a bellissimi squarci solatii, con la mulattiera retta da poderose muraglie e in lieve salita fino a una bella cappelletta settecentesca. Al risvolto si ammira il conoide di Dervio proiettato da torrente Varrone nel lago quasi sempre solcato dalle bianche vele della flotta del Club Nautico di Dervio.
Appena sopra si delineano le case dei Ronchi ancora importante nucleo massarizio sulle propaggini del Muggio qui sempre più ripide: dalla Val Grande i sentieri guadagnano i "monti" e i magnifici pianori di Camaggiore che erano le zone pascolive per il bestiame ora molto ridotto. In questa zona piuttosto selvaggia non mancano lepri, scoiattoli, donnole e tassi, qualche fagiano e pernici.
La mulattiera diventa un solco sulla costa sempre acciottolata e serrata fra muretti, ove si scoprono elementi antichi, incisioni, coppelle, un "filet" a graffio di un antico gioco; fra cordonature si decliva man mano verso le cascine di Chignolo sopra il cosi detto Cantone della Balma, là dove inizia a stendersi il conoide del fiume Varrone; poco sopra la linea ferroviaria, si tocca la antica Nazionale che conduce a Villa. Deviando da Chignolo, sale un sentiero verso nordest, fra bosco e radi prati a Pianezzo. Al centro dell'altopiano si trovano resti di un grande recinto trapezoidale, con muraglie in certi punti ancor bene apprezzabili, di probabile fondazione altomedievale: era il Castelvedro citato negli Statuti locali del 1384 cioè il castello "vecchio", forse altomedievale, alto sullo sperone (m 382) che guarda la via del lago. Per chi vorrà attuare questa digressione al Castelvedro, sarà più opportuno raggiungere il luogo di Pianezzo e scendere attraverso la mulattiera acciottolata che tra rado bosco e affioranti rocce rossastre guarda la riva sinistra del fiume Varrone e a giravolte, dopo una cappella della Nativita, si immette alla Villa presso la chiesa di S. Quirico.
L'itinerario del Sentiero del Viandante, delineato in piano a est della ferrovia, lungo la vecchia Nazionale, giunge appunto alla Villa di Dervio presso la chiesa indicata. Le forme secentesche dell'edificio, riconsacrato nel 1628, esaltano il pregevole campanile romanico con specchiature ad archetti e un piano di bifore sormontato da una pronunciata cuspide di pietra: raro manufatto del 1080 circa, apparentato con I'abbazia di Vallate nel prossimo territorio valtellinese; una pala di impronta veneta sottolinea la bellezza dell'altare.
La vecchia Nazionale valica il Varrone sul ponte di S. Quirico, caposaldo del percorso fin dal 1389; qui si imponeva un balzello di transito, segnato da gradinate d'accesso, fors'anche fortificate. Sulla spalla verso lago un'iscrizione ricorda un restauro del 1607; l'intero manufatto oggi corrisponde al rifacimento del 1829, nell'ambito della sistemazione della strada dello Spluga. Secondo questo progetto austriaco, la Nazionale venne a percorrere l'abitato di Villa e infatti la strada prosegue fra case ottocentesche e vi si dirama a sinistra la via che porta al Municipio e successivamente, traversata la linea ferroviaria poco lungi dalla Stazione del 1892 e la provinciale 72, al Borgo. È questo il nucleo formatosi intorno alla prepositurale dei Santi Pietro e Paolo, la Casa di Giustizia medievale e due torri di guardia al molo, ora scomparse; oltre qualche edificio con stemmi e decorazioni, è notevole la chiesa, in forme del primo Seicento, con intagli barocchi di pregio nell'altare di Antonio Pino e nel pulpito; i quadroni del presbiterio sono dei bergamaschi Cavagna (1627). Della struttura romanica resta ben leggibile il fusto del campanile superiormente ripreso. II vasto delta del Varrone ha vari residences, campeggi, un centro nautico con scuola di vela e un cantiere dalla secolare tradizione. Nei tempi di pesca libera, centinaia di pescatori affollano le rive per la cattura dell'agone, il migliore del Lario. Presso la Stazione, uno dei due nuclei di Villa ha importanti edifici, fra cui la casa antica dei Magni del secolo XV; risalendo stradette dove ancor vive l'artigianato del rame, parte di un'attività metallurgica rappresentata anche dalla ditta Redaelli, si torna presso il ponte; svoltando subito a destra, per via Giglio si apprezza la struttura di Villa intorno alle case della famiglia Schenardi: slarghi, strettoie, tabernacoli, scalette, resti di ciminiere, in una commistione tipica delle nostre zone; sulla destra del fiume erano attività di magli e cartiere, oggi trasformate.
II vicolo riesce presso il lavatoio sulla carrozzabile che conduce a Vestreno e alla Valvarrone, ricca di esauste cave di marmo e altre in attività di feldspato per caolino. Dopo una trentina di metri sulla strada di Vestreno o dei Ronchetti, ove si trova un antico masso-avello, la freccia indica una gradonata che sale rapidamente fra radi alberi, praticelli, orti e rocce affioranti fino all'abitato di Castello. Si gira a destra e si gusta il sapore arcaico di un villaggio fortificato, ricco di episodi che ciascuno può agevolmente scoprire, fino a una grande porta d'uscita verso nord: a lato, sul vertice del colle si erge un'alta torre dei secoli XII-XIII, ora serbatoio idrico, dal piano erboso dove si trova anche la vecchia chiesa di S. Leonardo, in veste barocca ma esistente nel Duecento e con un affresco del 1567. II castello, a m. 282, guardava dall'alto sperone roccioso l'accesso alla Valvarrone, un tempo luogo produttivo di prim’ordine, sopra la precipite forra in cui rumoreggia il fiume: era il Castrum de Orezia, cioè dei Capitanei della pieve di Dervio, che avevano questo cognome.
Usciti dal paesetto, si osserva la bellissima positura, i prati dell'intorno, il paesaggio del lago e dell'opposto Rezzonico. Fra le rocce scistose dei dintorni si rinvengono massi-avelli e massi a coppelle, segni degli antichi popoli. Si imbocca a sinistra la provinciale asfaltatata, proseguendo in discesa e passando sotto il cavalcavia per circa 250 metri, fino al primo tornante e alla centrale elettrica: qui riprende la strada sterrata che costeggia i muri di sostegno della Superstrada; uno slargo con fontanella si apre di contro ai prati di Chiari, gruppo di cascine ora per lo più trasformate. II percorso continua pianeggiante sui 260 m di altezza; a sinistra appaiono i Ronchi e subito dopo, in lieve bassura fra roccioni il complesso rustico che costituiva il Monastero di Santa Clemente degli Umiliati, noto dal 1295 e alienato nel 1571.