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Pittore Vitali G.

   

Il pittore Giancarlo Vitali di Bellano

di Simona Grosso Pandiani

Ho voluto scrivere questo libro per conoscere meglio un grande Maestro la cui opera sento vicina, sento che i suoi quadri o incisioni sono la storia del mio paese, storia che sembra essere dimenticata in visione di un futuro tecnologico e freddo che omogenea le persone e le cose. Penso di riuscire a capire il suo sentimento quando dice di non trovare più spunto nella ‘sua’ Bellano, nella ‘sua’ gente. Lui che ha visto cambiare il paese. Sento i suoi ‘magun’, le sue tristezze in un mondo che non è più lo stesso, dove tutto è cambiato, persino le abitudini della popolazione. E’ per questo motivo che penso che la sua opera diventi sempre più importante in quanto testimone in immagini di una realtà vera, vissuta e che non è più.
Ho ritenuto opportuno iniziare un capitolo sulla memoria con un articolo di Luciano Lombardi che secondo me descrive e sintetizza l’intero operato di Vitali. Essendo amico, concittadino e coetaneo penso sia riuscito a comprendere e spiegare ciò che Vitali sente e trasmette sulla tela. La malinconia per una Bellano che sta cambiando, per una storia che cambia, costumi che spariscono, il tempo che passa inesorabile.
Io sono di una generazione molto più giovane della loro, conosco tanti personaggi descritti nei quadri, di molti ho sentito solo i racconti, storie amare, buffe, storie di persone che ora non sono più, ognuno con le sue caratteristiche, a volte anche stravaganti che se ne sono andati lasciando il ricordo. Viviamo in una società che inghiotte il passato, che cerca di livellare le persone con la televisione e la moda.
In un incontro con Vitali mi disse che i quadri che ha fatto, i personaggi ritratti non li trova più girando per i vicoli della ‘sua’ Bellano. Non ci sono più i veri personaggi tipici, coi loro dialetti e le loro usanze. E’ strano per me camminare tra le contrade e pensare che non molto tempo fa sarebbe stato possibile trovarmi faccia a faccia con la Dama dei gatti, col Duilio o entrare nella Bottega del Cecio, nel suo labirinto di scarpe e scoprire la storia di un paese che è ancora lo stesso nella sua fisionomia ma si ritrova tutto rivoltato dal passare del tempo. La memoria di un passato contadino, un paese di pescatori, che pescavano per lavorare, per mantenere la famiglia, oggi ormai la pesca è solo un hobby, il lago è vuoto.
Sfogliando libri fotografici sulla vecchia Bellano posso sentire ancora gli odori e i rumori, ma è solo immaginazione, il dialetto è parlato quasi solo dagli anziani, detentori di una memoria rurale che spero non sparirà con loro.
Pensare che questi ricordi sono impressi nelle opere di un grande artista che è riuscito a cogliere l’anima dei suoi personaggi. Compaesani ormai spariti dei quali rimane l’essenza a colori accompagnata a volte da nome e cognome. Insomma il catalogo di un piccolo mondo paesano ormai troppo civilizzato e amalgamato.
Spesso mi capita di passare sotto la finestra del suo studio, vedere la luce accesa e pensare a quale nuova opera stia lavorando il Maestro, lastra o tela? Ritratto o natura morta? Comunque sia sono certa che sarà un’Opera d’Arte.
Buon lavoro, Maestro.