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Storia della falesia della Maliga 

Da tempo tre ramenghi derviesi, andavano cercando terreno di allenamento vicino a casa, anche per evitare di mettersi in colonna per il Sasso Remenno o in Val di Mello o sulle Placche di Introbio, ma l'idea di salire la cascata della Sedeia ed entrare in Maliga stentava a venire per quella sorta di pudore e di insicurezza che a volte rasenta la paura. La svolta dovette darla il Bortolo Rusconi con la sua idea di tagliare il bosco in tutto il vallone sovrastante e negli anfratti della gola fino al primo salto della cascata. Vedendo questo uomo rude ma bonario, risalire ogni mattina le balze della cascata, asciutta nei mesi estivi, con una vecchia corda di canapa precedentemente assicurata dall'alto, con nodi a ogni metro per evitare scivolate indesiderate, e per non dover ogni volta fare un giro di rientro di mezz'ora e trovandoci un giorno a curiosare in alto, in Maliga appunto, rapata a zero e diventata anfiteatro dalle ripide pareti, frullò l'idea (era ora...!!!) di provare a salirle attrezzandole anche per le doppie e soste di calata per eventuali esercitazioni del C.N.S.A.S. di cui i tre tomi facevano parte.
ANNO 1986: settembre, nasce la Falesia della Maliga!
L'euforia di avere a portata di... corda quello che da tempo si sognava è contagiosa e ogni spazio di tempo è dedicato ad essa. Però che vita prima di poter arrampicare!. Mano alle roncole e ai falcetti per sbroccare e pulire gli appigli intasati di vegetazione; ore e ore di lavoro da cani, sotto il sole, con la terra e la polvere che si mischiano in un impasto puzzolente con il sudore che esce da tutti i pori, le mogli che cominciano a inveire contro l'idea tanto fantastica e buttano tutto in lavatrice: di qualsiasi colore!.
Nasce la prima via: Il Diedro settembre 1986
Ottenuto un discreto finanziamento dalla Sezione CAI Dervio, di cui i tre sono Soci, puntata a Barzanò per il primo acquisto di spit, piastrine, perforatore a mano e ... via al lavoro!
Dopo così laboriosa introduzione, sarebbe tutto da riscrivere perchè già nel lontano 1976, altri due amici con cordini, chiodoni e martelli si erano dati da fare ed avevano aperto la prima via sul Teschio proprio tra le due occhiaie vuote, sulle Piode di Mai. Giunge appena in tempo questa rettifica perciò un grazie per lo spirito d'avanguardia: quando troveremo quei chiodi che ormai hanno più di trent'anni, li toglieremo pensando alla gioventù che fugge.
La falesia della Maliga nasce appunto nell'anno 1986 anche come palestra d'allenamento per la squadra locale del Soccorso Alpino XIX° Delegazione.
Ottimo terreno per interventi in parete, la forra centrale e più profonda, che presenta paretine di ogni grado e difficoltà fu salita e chiodata, dopo la prima del diedro effettuata dai tre, in vari punti con lungimiranza dai fratelli Cendali di Pagnona e amici che salirono la via dei Cheti 5+ (26/10/86).
Essi salirono anche quello che poi è diventato "lo Spigolo dei Piccioni" nel mite inverno 1986 (16/11/86), così chiamato per essere il naturale rifugio dei piccioni del Cech Ginée, il quale è servito e servirà in futuro per l'introduzione al settore superiore di arrampicata e per le calate in doppia e il rientro alle auto. Nell'ambito di queste ricerche nascono oltre ai già citati: Diedro, via dei Cheti e lo Spigolo dei Piccioni, anche la strapiombante "O de mi", la via Bianca, Camino Nascosto, Spigolo di Quarzo, tutte con chiodatura tradizionale. Con il passare del tempo e l'evolversi delle tecniche di arrampicata nascono le prime vie spittate:(con prodotti di recupero delle fabbriche metalmeccaniche della zona: ancora con filetti whitworth) si rifà il Diedro, si sale il Diedro della Croce, successivamente ribattezzato "il Visconte Dimezzato, Stalagmiti, la Placca del Relax, la Placchetta del Cavicc. Poi il graduale ristagno e quasi l'abbandono (salvo il settimanale allenamento di mister X), l'avanzare di nuovo del bosco, la fine?.
Nello scorso 2007, la cocciutaggine di qualche appassionato (i soliti con vent'anni di più sulla gobba ma con la stessa passione), la proposta all'Amministrazione Comunale e alla Sezione Cai Dervio: il loro assenso... la ripartenza!!!
Due note sulle rocce
A monte del conoide alluvionale di Dervio affiorano rocce appartenenti alla formazione denominata Scisti dei Laghi: esse sono una sequenza di rocce metamorfiche presenti nella regione dei tre laghi: Maggiore, Lugano e Lario a sud della Linea Insubrica, la grande fascia Tettonica che divide le Alpi Settentrionali dalle Prealpi di cui stiamo trattando. Nel territorio di Dervio queste metamorfiti sono rappresentate da micascisti piuttosto scuri e molto deformati con vene di quarzo. Le datazioni eseguite sulle rocce metamorfiche della nostra zona sono piuttosto scarse: per la fascia Dervio - Olgiasca sono state determinate età di 245 milioni di anni (vedi relazione di Rossi Giovanni: naturalista ed insegnante presso il Liceo P. Nervi di Morbegno). Le rocce della falesia Maliga sono quindi per lo più micascisti con presenza di vene quarzifere che a volte presentano paretine liscie come la Lavagna e la placca dell'Edera Verticale, a volte molto fessurate ma in conformità alla direzione degli stress, responsabili della scistosità prevalente o solo leggermente incise, da salire in aderenza. Per ora (maggio 2008) sono agibili con corde da 60 metri Spigolo dei Piccioni m. 100 usato per salita e rientro in doppie (4), attrezzato con soste inox per calate e fittoni inox resinati per la salita.
"Via dei Cheti" m.50
Stalagmiti m. 30
"Ooh de mi !" m.45 (con chiodatura tradizionale dei primi salitori da non toccare)
Placca dell’ULUCH m. 30
"Il Visconte Dimezzato" m.50 (l’attacco è al VII° tornante della scalotta di S.Quirico, per poi deviare, una volta raggiunta la Croce del sasso terminale, verso la Maliga in 5 minuti
"La Via Bianca” m. 50
"Camino Nascosto” m. 50
Spigolo di quarzo m. 50
Nel settore del Teschio dal quale si sbuca sul pianoro soleggiato di Mai troviamo anche:
"La Placca del Relax" m.30
Sono in cerca d'autore ma già battezzate: "La Lavagna", "L'edera Verticale", "Il Masso Inquietante", "Serendipity" e il "Triangolo Isoscele". Altre ne esistono da salire e denominare: basta farsi avanti!. A completamento, per coloro che accompagneranno i Climbers nell'esodo verticale, esiste sul Dosso di Pianezzo, per allenamento di grandi e piccoli un bel macigno denominato "El Sass de la Furmagia", a una trentina di metri dal sasso, si trova una curiosità naturale: una marmitta dei Giganti, che gigante non è essendo il suo diametro di un paio di metri, denominata nel dialetto derviese "El Cùu d'Urland" e che comunque rende bene l'idea del lavorio delle acque sulla pietra, quando il nostro Lario era coperto dai ghiacci.
Si ricorda che chi arrampica lo fa a proprio rischio, e attenzione a quali sporgenze vi attaccate: potrebbero essere le corna di un camoscio molto comuni e numerosi in questa zona.
A tutti quindi: assoluta prudenza, attrezzature adatte e buon divertimento!
Dervio è situata sulla sponda orientale del Lago di Como, uscita super strada 36 Dervio-Valvarrone.
La falesia è ubicata nella zona denominata "Sedeia” (Lavatoio)
Sentiero escursionistico : Azzurro : per tutti Giallo : per solo esperti
Chi vorrà farsi una sana passeggiata fino a Pianezzo si fermerà appena oltrepassato il fiume Varrone davanti alla Chiesetta di S. Quirico e si inerpicherà per via ai Monti sul selciato delle vecchie scalote, fino al VII° tornante: quì si potrà riposare alla "Posa di Curiùus" e guardare Dervio dall'alto. Chi vorrà arrampicare secco, dovrà a questo punto salire i gradini che fanno angolo con il muro e la panca di sasso ed inoltrarsi nel bosco percorrendo i 20 metri di sentiero che lo separano dall'attacco della via "Il Visconte Dimezzato". Chi vuole invece godersi la natura, o far arrampicare per gioco i piccoli, proseguirà fino al "Gisoo di anim del Purgatori" e oltre fino a dove le scalotte spianano e a destra per larga traccia nel bosco, segnalata in azzurro fino al "Sass de la Furmagia" e oltre fino alla marmitta dei Giganti. Una variante più esplorativa ed avventurosa per i ragazzi ma anche per chi intende vedere i Climbers all'opera, è costituita da un giro in Maliga: si dice fosse l'antico letto del fiume Varrone, milioni di anni fa, prima che questi trovasse terreno più rettilineo e malleabile da scavare e adagiasse le sue acque nell'odierno alveo. Raggiunto Pianezzo proseguire sulla mulattiera in discesa, superata la fontana e girare a destra seguendo l’indicazione Mai, dopo un’ottantina di metri scendere lievemente tra il fogliame denso e toccare il fondo dell’antico letto. Scorgeremo prima uno, poi un altro baitello, ingegnose architetture rurali con il sottostante crotto per la conservazione di vino e prodotti naturali, ora un poco in disuso, ma sempre con bella volta e tavolone di pietra all’esterno per eterne partite a carte quando, beati loro, non c’erano: TV - DVD – Computer ... e tutte le diavolerie tecnologiche moderne. Proseguendo oltre per tracce, ci troveremo alla base di parecchie vie di salita fino a portarci all’altro capo di Pianezzo. (Praticamente avremo fatto un anello che completeremo con altro sentiero al ritorno). Siamo ora sul bordo superiore di una forra da scendere, volendo, su sentierino delicato fino al fondo: attorno, paretine di ogni grado e forma, fessure, camini, placche lisce, lame staccate. Tornati sul bordo superiore della forra prendere a sinistra del ruscello e portandoci vicino a un roccione leggermente adagiato risalire per gradoni. Usciremo dalla vegetazione fitta per una decina di metri, per poi tornare nel bosco ora rado, ora più fitto e contornando a sinistra dei roccioni ci troveremo ad un bivio; chi vuol concludere il suo giro continua a sinistra e poi in discesa nel bosco rado fino al selciato delle scalotte che riconducono a Dervio; chi vuole esplorare il dosso di Pianezzo si dirigerà a destra per portarsi alla Marmitta dei Giganti e al Sass de la Furmagia. Da lì tornare al precedente bivio e a Dervio per mulattiera.
Per chi ha ancora birra nelle gambe, va ricordato che sul pianoro di “MAI”, all’estremo sud come un vero balcone sul Lario si possono ancora vedere i resti dell’antico CastelVedro di origine medioevale
La leggenda della marmitta dei giganti denominata “El cuu d’Urland”
Narra Ludovico Ariosto nel suo “Orlando Furioso”, che il cavaliere Orlando e il cugino Rinaldo, innamorati di Angelica, vogliono sfidarsi a duello per ottenere i suoi favori. Ella però fugge e si innamora di Medoro che sposa. Venuto a conoscenza di ciò Orlando impazzisce e nel suo vagare (anche alla ricerca della sua spada smarrita: la Durlindana), viene a trovarsi stremato e furente su un dosso roccioso. Qui lasciamo la fantasia di Ariosto e il suo romanzo per entrare nella leggenda che ci riguarda. Era Pianezzo?... I nostri antenati dicono di sì; e che la pietra si fuse sotto l’ira di Orlando seduto e il segno delle sue natiche rimase impresso nel nostro sasso che da allora venne chiamato comunemente “El cuu d’Urland”. Qui lo ritrovò il suo paladino Astolfo che a cavallo dell’ippogrifo, il magico cavallo alato, era volato fin sulla luna a riprendere il senno (cervello) smarrito di Orlando. Ritrovato il padrone, confuso e furioso, Astolfo gli fa odorare l’ampolla in cui il senno è racchiuso e il povero “Urland” viene finalmente liberato dalla follia che lo ottenebrava.