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Valmalenco

 

Valmalenco -Leggende

   

"Più oltre trovasi Malengo fiume: ove comincia Valle Malenga meritevolmente così chiamata per essere diserta e intorniata da titlee, aspre e sassose rupi e da spaventevoli montagne prive di alberi e di ogni verdura che è cosa spaventosa passar per essa... crescono solo le ginestre, i ginepri, i mughi striscianti ed impenetrabili..."
                                                                                    
(Leandro Alberti, anno 1550)

In una valle come questa, dove per secoli il lento fluire del tempo è rimasto al di fuori degli orizzonti limitati dalle imponenti montagne e solo i riflessi di quanto avveniva nel mondo vi sono talvolta penetrati, è possibile ancora oggi ritrovare echi del passato, sotto forma di leggende, quasi sempre con sfondo pauroso: l'amore, la morte e il ritorno dei morti, fenomeni ambientali quali una cometa o una pioggia di color rosso crearono l'atmosfera per molte storie e leggende. Qui di seguito elenchiamo le più conosciute trattate dai libri storici:

Leggenda della Valmalenco

"Si narra che il Pizzo Scalino e Valmalenco erano prima due creature che si amavano e si sposarono e da loro nacque una bella fanciulla, Chiesa. Poi nacque un figlio, Caspoggio. Poi nacque un fanciullo, Lanzada. Chiesa sposò il Mallero e nacque Primolo, un bel ragazzo. Primolo era viziato e volle metter su casa per conto suo. Fratello di Primolo fu Chiareggio che volle andare a vivere all'ombra dei nonni soprannominati "Disgrazia" e "Ventina"; da questo ceppo nacquero altre creature, i cui nomi recano i paesi della Valmalenco. Quando Dio vide tanta perfezione di sentimenti e tanti affetti, pensò di rendere eterne le creature privilegiate e le trasformò in luoghi, paesi, monti, valli e poggi come a suggellare una fraternità, che il tempo non doveva distruggere. Questa leggenda di Valmalenco, dice come l'titleezza e la poesia di amorosi vincoli umani possono restare infatti anche attraverso trasformazioni e trascendenze."

Leggenda del Pizzo Scalino

"Sul Pizzo Scalino dall'aspetto guerriero han dimora e convergono gli spiriti dei cavalieri avventurosi d'altri tempi. Nelle chiare notti d'autunno, le fredde d'inverno e nella brezza di primavera, quando splende l'astro mite nella fase più ampia, al battere del primo tocco della mezzanotte, le rupi dalle forme più strane e varie, assumono a poco a poco sempre più nette le forme di bastioni, torri, mastii. Ed al risuonar dell'ultimo lento colpo, gli edifici incantati scintillano di lumi. Dai portali gotici e romani della magica fortezza sorgono schiere gioiose di cavalieri armati a giostra, dame in abiti da festa, dal passo leggero, che percorrendo le creste più anguste convergono sull'esteso campo di neve. Le comitive si incontrano, si riuniscono, poi l'adunata degli spiriti si dispone in giro sulle tribune per assistere al torneo di cui v'ha la ricorrenza. La festa d'armi continua fin che l'astro d'argento nella corsa all'occaso giunge presso la rocca fatata, allora la giostra cessa, il corteo si riforma sulla via del ritorno, rientra dai portali. La luna spande gli ultimi lievi raggi, finchè con l'ultimo sprazzo solo resta il monte fiero e silenzioso."

Leggenda del Disgrazia

"Un tempo il Monte Disgrazia non portava questo nome, ma veniva chiamato Pizzo Bello. Si dice che i suoi fianchi un tempo fossero ammantati di pascoli lussureggianti e ricchissimi. I pastori non si stancavano mai di guardare la bella montagna e di ammirarla. Rassicurati da questa abbondanza, divennero sempre più superbi e arroganti, tanto che giunsero a rifiutare l'ospitalità a un viandante stanco e affamato che passava per quei luoghi: inenti a rimirare lo splendore del monte non avevano altri occhi che per lui. Allora il passante, Dio in persona, alzò una mano, una mano terribile che gettò sulla montagna una maledizione bruciandola fino alla vetta e accecando i pastori. Da allora, in ricordo di questo tragico evento, il nome della cime divenne quello odierno. I pastori però hanno dato l'antico nome ad una cima più modesta per consolarsi e per poter venerare dipiù la gloria del Signore."

Leggenda di Lanzada

"A chi per avventura toccasse di arrivare sulla piazza della chiesa di Lanzada tra la mezzanotte e le tre di mezza quaresima, apparirebbe uno spettacolo inconsueto e conturbante: vedrebbe infatti la fantastica processione dei morti che non fecero in vita la processione di S.Marco o le tre Rogazioni. Esce dalla Chiesa dei Morti ove un tempo le ossa giacevano accatastate ed entra nel tempio, lì accanto, e i fantasmi dei trapassati reggono le candele accese, cantando una dolcissima preghiera ed implorando la clemenza si Dio. Alle tre ogni cosa torna come prima, nella piazza buia e silenziosa."

Leggenda di Antonio

"Quando gli abitanti di Lanzada si accinsero a costruire la loro nuova chiesa si dovette espropiare l'orto di tale Antonio; questi per protesta non contribuì di persona alla costruzione né diede denari. Poco più tardi morì. L'edificio cresceva, ma lungo la notte la gente udiva rumori provenire come di qualcuno che vi lavorasse: infatti così Antonio si stava guadagnando il Paradiso dalle undici di ogni notte fino alle tre. Può essere che la sua penitenza non sia ancora terminata perchè nelle notti più profonde e buie, a chi passa davanti al tempio giungono gli echi dei colpi del martello di Antonio... ."